Di: Una cattolica (ex) perplessa
Nel libro-intervista realizzato da Diane Montagna, il vescovo Athanasius Schneider considera che siamo immersi in uno dei quattro momenti più turbolenti della storia della Chiesa, insieme all’arianesimo, ai papi-principi e allo scisma d’Occidente.
Stiamo assistendo, mi sembra, alla creazione silenziosa ma sistematica di una nuova chiesa, a una sostituzione dei suoi contenuti e persino dei sacramenti con elementi modernisti e protestantizzanti, del tutto estranei alla tradizione della Chiesa.
Vediamo alcuni «casi isolati» che, collegandoli tra loro, offrono un’immagine chiara di questo processo di sostituzione e creazione di una nuova chiesa da parte di uomini che non hanno più la fede della Chiesa. Che trionfino o no è nelle mani di Dio.
Leggiamo tre notizie e mettiamole in relazione:
Il 27 gennaio scorso, InfoVaticana pubblicava un articolo intitolato “A por el sacramento de la confesión en la catedral de la Almudena”. In esso si spiegava ciò che sembra essere un progetto del cardinale Cobo, niente di meno che nella cattedrale, annunciato nella rivista della diocesi, Alfa y Omega, “in relazione al sacramento della riconciliazione, che sarà quello di offrire ‘punti di ascolto nel tempio con l’obiettivo di cogliere e sanare le ferite’”.
Il tranello è che, in realtà, il progetto non ha nulla a che fare con il sacramento della confessione, ma piuttosto cerca in realtà di sostituirlo; poiché il progetto, secondo la comunità di Lanceros che firma l’articolo, “si tratta di posizionare alcune signore, che è ciò che è importante, che siano signore, per offrire con un cafelito accogliere coloro che vogliono venire a raccontare la loro vita in una consultazione da psicologo”.
È originale della piccola cardinale di Madrid questa iniziativa? No. Di fatto, è ispirata dalle alte istanze ecclesiastiche, un’eredità scomoda del nefando pontificato di Francisco che vedremo come gestirà papa Leone; niente di meno che dalla riunione sul riunirsi, il sinodo della sinodalità. Proprio sul portale Vatican News si poteva leggere il mese scorso di ottobre (2024) che “il Sinodo riflette sulla donna e sull’ascolto degli esclusi. Il papa Francesco ha partecipato alla II Congregazione Generale della seconda sessione dell’assemblea sinodale, in cui si sono sviluppate interventi liberi su temi come i ministeri, la liturgia, il dialogo con le culture e le religioni”.
Molto da commentare in così poche righe. Questi pochi elementi menzionati sono chiave nella fabbricazione di una nuova chiesa. Nuova nel suo contenuto, non solo separata dalla tradizione bimillenaria della Chiesa, ma opposta ad essa. I ministeri, per esempio, che sostituiscono gli ordini e permettono di assegnarli ai laici, e il dialogo con le culture e le religioni: relativismo e indifferentismo religioso che contraddice la stessa Parola di Dio: “io sono il cammino, la verità e la vita. Nessuno va al Padre se non per me” (Jn 14, 6).
In relazione alle donne, l’articolo di Vatican News prosegue narrando le diverse interventi di questa sessione del sinodo, evidenziando “il ruolo della donna, la presenza dei laici, l’ascolto ‘attivo’ delle persone che non si conformano ai dettami della Chiesa”. Assistiamo, annunciato in positivo, alla demolizione della tradizione della Chiesa e alla fabbricazione del suo opposto, una versione non solo mondana, ma massonica (ergo, del Maligno). Notiamo che, in fondo, tutto è diretto all’annientamento del sacerdozio ordinato, che è fondamentale nella Chiesa Cattolica poiché i sacerdoti sono gli unici che possono amministrare i Sacramenti e celebrare il santo sacrificio della Messa. Senza sacerdoti, non c’è Messa; e senza Messa, non c’è Chiesa Cattolica. Poiché verso qui sembrano dirigersi tutte queste misure nate dalla cima della Chiesa, che i vescovi, convertiti in meri delegati del papa in ogni diocesi, riproducono con maggiore o minore zelo e fedeltà. Soltanto qui in Catalogna abbiamo visto recentemente nelle diocesi di Gerona, Tarragona e Urgel i rispettivi vescovi dichiarare di non essere preoccupati per la diminuzione del clero e la mancanza di vocazioni, esistendo un laicato attivo e impegnato. Si stanno creando in tutte le diocesi, e non solo in Catalogna, squadre di laici, specialmente signore, che possano celebrare liturgie della Parola e dare la comunione ai fedeli la domenica. La chiave, come vedremo, è la sostituzione, in due passi (Paolo VI e Francesco I) dell’ammissione agli ordini per i ministeri.
Meno di un anno fa, nell’ottobre 2024, nel sinodo, come relata il testo di Vatican News, si è trattato di “i carismi delle donne e dei laici”. Nel caso delle donne – non capisco perché non entrino nella categoria di “laici”, se lo sono -, si è determinato che, nel caso degli ordini sacri femminili, “si è chiesto ‘di approfondire lo studio di certi ministeri, come il “ministerio de la consolación” e non perdere di vista il contributo delle donne nel passato e nel presente’”.
Vediamo che si concentrano non solo su donne laiche, ma anche consacrate, e, soprattutto, il neologismo “ministerio de la consolación”. Chi è questa gente? Niente di tutto ciò suona cattolico. Il nostro sensus fidei ce lo dice nelle viscere.
Nella sua concatenazione di assurdità, continua l’articolo spiegando che “i membri del Sinodo hanno reclamato con insistenza una ‘uguale dignità e corresponsabilità di tutti i battezzati per la Chiesa’. Su questa base si può ragionare l’‘inclusione delle donne, i laici e i giovani nei processi di presa di decisioni della vita della Chiesa’. E sempre sulla relazione uomo-donna, alcuni gruppi insistono a ‘identificare le paure e i timori che ci sono dietro certe posizioni, perché queste paure nella Chiesa hanno portato ad atteggiamenti di ignoranza e disprezzo verso le donne’. Pertanto, ‘identificare per sanare per discernere’”. Questo linguaggio non è ecclesiale. È mondano. È l’introduzione del pensiero femminista, che disprezza la donna, nella Chiesa. E l’insistenza sul concetto di l’ascolto, tanto caro al papa Francesco, che sostituisce l’insegnamento della Chiesa, come se il Cattolicesimo, che custodisce la Verità rivelata da Dio, dovesse situarsi in posizione di uguaglianza con pensieri errati e imparare qualcosa da essi. Da questa errata prospettiva, si è parlato nel sinodo di “sviluppare una spiritualità sinodale di ascolto attivo, di vicinanza, di sostegno senza pregiudizi, anche a coloro che sono diversi, a coloro che non ci fanno sentire a nostro agio”. È l’espressione diafana di ciò che Benedetto XVI definì la dittatura del relativismo, adottata dalla gerarchia ecclesiale attuale come propria.
Arrivati a questo punto, se osserviamo la situazione domestica, della Chiesa in Spagna, possiamo stabilire una sequenza negli eventi non solo tra queste proposte sinodali e il progetto del cardinale Cobo per la sua diocesi di Madrid, ma anche, per sorpresa di nessuno quando si tratta di iniziative moderniste, le monache benedettine di Montserrat, che appartengono alla diocesi di Sant Feliu, governata dall’infame vescovo Xabier Gómez.
Perché le benedettine – non sappiamo se per iniziativa propria o in dialogo con il loro vescovo -, hanno creato un servizio di ascolto gratuito! Ammiriamo la generosità delle sorelle. Ha mai cobrato un sacerdote per ascoltare una confessione o una monaca nel suo parlatorio per ascoltare i problemi delle persone che si recavano da lei? No. Ma il problema non sta nella “novità” di non cobrare, ma di uguagliare entrambe le pratiche: il sacramento della confessione e il servizio di ascolto da parte delle monache, con l’obiettivo che il secondo sostituisca il primo. Per questo Francesco è stato persistente nel rimproverare i sacerdoti che, secondo lui, convertono il confessionale in una sala di tortura (vi è mai successo? A me, no), mettendo paura ai fedeli di rivolgersi a un sacerdote per confessarsi mentre, allo stesso tempo, si promuove che queste adorabili e eterodosse vecchiette dis-abitate si siedano ad ascoltare i nostri problemi.
La piccola differenza tra una e l’altra pratica è che, mentre il sacerdote è Cristo che ci ascolta, ci perdona e ci assolve, le monache non possono dare l’assoluzione dei peccati. Di nuovo, in fondo, si tenta di equiparare due pratiche totalmente antagonistiche, per confusione dei fedeli e in linea con l’annientamento del sacerdozio ordinato.
L’iniziativa delle benedettine di Montserrat, come si può leggere sulla loro pagina web, è un servizio di ascolto gratuito in presenza e online, inaugurato dal volontariato Shema del monastero di san Benito di Montserrat il 6 dicembre 2024. Allora, non sono le monache che ascoltano, ma dei volontari laici? Non lo capisco del tutto. Ciò che sì resta nero su bianco è che “le persone che offrono il servizio hanno formazione in ascolto attivo e/o in focusing”. Focusing? Se continuiamo a navigare sul web delle monache di Montserrat, possiamo leggere che esiste una Scuola di Focusing di Montserrat, che nel 2025 compie niente di meno che 20 anni di esistenza, e che il focusing è “una tecnica di connessione con te stesso/a, di ascolto corporeo sentito, che servisse per tutte le persone, un metodo pedagogico sviluppato in sei passi che facilita l’accesso alla saggezza interna corporea. Il focusing apparve negli USA negli anni 1950 e consta di sei passi. Sviluppa l’abilità dell’autoascolto, essere coscienti di come uno sente le questioni e le circostanze con le quali vive, approfondire l’autoconoscenza, migliorare la fiducia e la gestione emotiva, dando libertà interiore e certezza nelle decisioni”. Come vediamo, una pratica niente affatto cattolica, nella quale la stessa badessa di Montserrat è esperta e promotrice, come spiega niente di meno che sul portale dell’Unione dei Religiosi di Catalogna.
Se a ciò si aggiunge che le benedettine di Montserrat da anni insistono sull’assoluzione comunitaria previa alla confessione individuale dei peccati, che è opzionale, vediamo che il danno non è qualcosa di nuovo né spontaneo, ma frutto di un processo graduale di perdita della fede e, ciò che è peggio, di sostituzione e fabbricazione di nuovi contenuti per una nuova chiesa. Una comunità di consacrate che non sembrano cattoliche, e un pericolo per la spiritualità dei battezzati impreparati che si avvicinano lì pensando di arrivare a un cenobio cattolico. Potete vedere ciò che spiega il portale Germinans Germinabit qui e qui.
Per concludere, teniamo conto di una questione molto importante in relazione a i compiti che possono svolgere le donne nella Chiesa che già trattammo qui: quella della sostituzione dell’ammissione agli ordini per i “ministeri”, inmejorablemente spiegato da Roberto de Mattei: “Con il motu proprio Spiritus Domini il Papa Francesco modificò il canone 230. 1 del Codice di Diritto Canonico, permettendo l’accesso delle donne ai ministeri di lettrici e accoliti, che suscitò in quel momento un grande clamore mediatico perché sembrava aprire la porta al sacerdozio femminile. Quella porta resta chiusa, ma il documento del papa contribuì indubbiamente a continuare a svalutare il sacerdozio, e ratificò con ciò una pratica estesa, quella del servizio delle donne davanti all’altare, come accade con le lettrici e le ministranti straordinarie dell’Eucaristia”.
Per capire questa degradazione della liturgia della Chiesa è necessario sottolineare che le maggiori responsabilità in questo processo vanno attribuite a Paolo VI e al Concilio Vaticano II; Francesco non ha fatto altro che chiarire alcuni principi”, come indica il professore de Mattei; perché “il 15 agosto 1972 il papa Paolo VI trasformò mediante il motu proprio Ministeria Quaedam gli ordini sacri in ministeri, rendendoli parzialmente accessibili ai laici secondo il principio del sacerdozio comune dei fedeli del Concilio Vaticano II”.
L’obiettivo di fondo è chiaro se uniamo tutti i punti: la distruzione del sacerdozio cattolico ordinato e, con ciò, della Messa e, quindi, della Chiesa Cattolica, operazione portata a cabo dalla stessa vertente umana corrotta, sequestrata dall’eresia modernista, dell’istituzione.
