È mercoledì, i primi raggi del sole stanno bagnando la piazza di San Pietro, fredda notte romana che si sta stiracchiando. I fedeli si stanno concentrando per l’udienza, il Papa Leone ha fatto ritorno da Castelgandolfo ed è ricaduto nella tentazione delle dichiarazioni traditrici.
Il papa Leone XIV ha criticato il dispiegamento delle forze statunitensi nei Caraibi, senza menzionare il presidente Donald Trump, e ha affermato che «con la violenza» nessuno vince. Leone XIV ha affermato che un paese ha diritto ad avere militari per «difendere la pace». «Ma in questo caso sembra un po’ diverso. Aumenta le tensioni», riferendosi alle notizie su navi statunitensi «sempre più vicine alla costa del Venezuela». «Con la violenza non vinciamo. Quello che bisogna fare è cercare il dialogo».
Al papa è stato chiesto anche dei migranti detenuti nella sua città natale: «Gesù dice molto chiaramente che alla fine del mondo ci sarà chiesto come abbiamo accolto lo straniero, se lo abbiamo accolto e dato il benvenuto o no». «Penso che bisogna riflettere profondamente su ciò che sta accadendo. Molte persone che hanno vissuto per anni e anni senza causare mai problemi sono state profondamente colpite da ciò che sta accadendo in questo momento».
Ieri, il Dicastero per la Dottrina della Fede ha pubblicato una Nota Dottrinale di 80 paragrafi, approvata dal Papa Leone XIV, in cui si spiega che «data la necessità di spiegare il ruolo subordinato di Maria a Cristo nell’opera della Redenzione, è sempre inappropriato utilizzare il titolo di Corredentrice per definire la cooperazione di Maria». Sempre inappropriato, secondo il Dicastero; almeno per i lettori delle principali lingue in cui è stato pubblicato il documento, poiché il testo in inglese si limita a «non sarebbe appropriato », omettendo l’avverbio e preferendo il condizionale. Ma poiché qualcuno ha dovuto decidere che i documenti originali della Chiesa non dovevano più essere scritti in latino, resta al criterio del lettore quale versione scegliere.
Newman era molto consapevole della profonda conoscenza che Pusey aveva degli insegnamenti dei Padri della Chiesa. Pertanto, lo sorprese poter accusare il mondo cattolico di una “quasi idolatria” verso la Santissima Vergine, a causa dell’abbondanza di titoli onorifici e della densità teologica che le si attribuivano, perché era proprio la “Chiesa indivisa” quella così generosa con i titoli mariani. «Quando vedi che tu, insieme ai Padri, dai a Maria i titoli di Madre di Dio, Seconda Eva e Madre di tutti i viventi, Madre della Vita, Stella del Mattino, Nuovo Cielo Mistico, Scettro dell’Ortodossia, Madre Immacolata della Santità e altri simili, la gente potrebbe interpretare le tue proteste contro coloro che danno a Maria i titoli di Corredentrice e Somma Sacerdotessa come una povera compensazione per tale linguaggio».
Newman non avrebbe mai immaginato che sarebbe arrivato il giorno in cui avrebbe dovuto difendere il titolo di Corredentrice non davanti a un anglicano, ma davanti al prefetto del antico Santo Ufficio. La ragione per cui il Dicastero elimina il titolo di Corredentrice è il suo potenziale per generare «confusione e squilibrio nell’armonia delle verità della fede cristiana, perché “in nessun altro c’è salvezza, poiché non c’è altro nome sotto il cielo dato agli uomini in cui possiamo essere salvati». «El pericolo di oscurare il ruolo esclusivo di Gesù Cristo […] non sarebbe un vero onore per la Madre». Queste affermazioni non sono originali, poiché sono tipiche delle obiezioni protestanti, ma risultano certamente molto curiose in un documento ufficiale che pretende di rispondere a domande che «frequentemente susciterebbero dubbi persino nei fedeli più semplici»; sì, perché nell’epoca dell’amministrazione di Fernández, le Note Dottrinali non esistono più per chiarire ciò che può sembrare confuso, ma per oscurare ciò che era già chiaro.
La logica dettava che, se un termine che si è generalizzato —non solo nella devozione dei fedeli, ma anche in interventi papali ed episcopali e in documenti ufficiali della Chiesa (pensiamo ai due decreti del Santo Ufficio del 1913 e 1914, rispettivamente)— viene mal interpretato in modo contrario alla dottrina corretta, la Santa Sede dovrebbe intervenire per chiarirlo e confermarlo, non per alimentare la confusione e scartare un titolo già consolidato sul piano teologico e magisteriale. Perché chiunque con una conoscenza minima dell’evoluzione della riflessione teologica sulla corredenzione mariana e sui suoi chiarimenti fondamentali sa che questa non sostiene una redenzione parallela a quella di Cristo, né una necessità assoluta di collaborazione mariana ( de condigno) ; né che la Santissima Vergine Maria non avesse bisogno di essere redenta dal Verbo Incarnato, suo Figlio, per la Redenzione. Tutti questi aspetti sono già ampiamente stabiliti, ma Tucho e compagnia preferiscono continuare a fingere che siano confusi e pericolosi.
La nota arriva persino a presentare un criterio, preso chissà da dove , che sarebbe semplicemente esilarante se non fosse tragicamente presente in un documento ufficiale della Santa Sede: «Quando un’espressione richiede numerose e continue spiegazioni per evitare che si allontani dal suo corretto significato, non serve alla fede del Popolo di Dio e diventa inappropriata ». Bisognerebbe chiedere al Cardinale Fernández e a Monsignor Matteo se credono davvero a ciò che hanno scritto, perché, seguendo questo principio, praticamente tutti i dogmi mariani dovrebbero essere ritrattati. E non solo quello. Non è forse vero che il titolo di Theotokos richiedeva —e continua a richiedere— numerose e continue spiegazioni? Non è forse vero che il dogma dell’Immacolata Concezione ha bisogno di essere spiegato continuamente per evitare di pensare che la Vergine Maria sia esente dalla redenzione di Cristo? Non è forse vero che le formulazioni del dogma trinitario o cristologico richiedono anch’esse «numerose e continue spiegazioni»? Sarebbero, quindi, «inappropriate» e inutili per la fede del Popolo di Dio? Il principio enunciato nella nota costituisce, in effetti, la tomba di ogni definizione dogmatica e della teologia stessa.
La presentazione della storia della dottrina della corredenzione è completamente errata . L’eccezionale contributo di numerosi santi e teologi viene liquidato in un solo paragrafo (§ 17), segnale abbastanza chiaro che l’intenzione della nota non era, certo, fare un bilancio della situazione, ma attaccare la corredenzione. Un’altra liquidazione si osserva nella scarsa riferimento all’insegnamento dei pontefici, in particolare quello di san Giovanni Paolo II; per poi dedicare due ampi paragrafi alla posizione di Ratzinger quando era ancora cardinale. Ratzinger, insieme al Papa Francesco, a cui è dedicato l’intero paragrafo 21, sarebbe l’ autorità per argomentare che il titolo di Corredentrice è inappropriato. Tuttavia, nel suo voto del 1996, come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Ratzinger non respinse il titolo, ma ritenne che la riflessione teologica non fosse ancora sufficientemente matura per attribuire alla Vergine Maria il titolo di Corredentrice e Mediatrice. La sua opposizione al titolo, tuttavia, si riferisce a una semplice intervista del 2002 (in cui, tra l’altro, si dichiarò favorevole alla dottrina sottostante, come espressione del fatto che Cristo vuole condividere tutto con noi, persino la sua stessa redenzione) .
Fernández si conferma come un fabbricante seriale di dubbi e errori, come già era successo con le risposte a alcuni dubbi posti da Amoris Lætitia , con le benedizioni per coppie omosessuali , con la pena di morte e la dignità umana . Avrebbe dovuto essere il primo prefetto a essere destituito con il nuovo pontificato, e invece lo troviamo incoraggiato a continuare la sua opera di confusione fondata sull’ignoranza, o peggio, su manipolazioni ideologiche. Invece di reprimere la devozione alla Mediatrice di Tutte le Grazie, i cattolici dovrebbero diffonderla sotto questo titolo affinché le grazie si riversino su un mondo che ne ha disperatamente bisogno. Questi titoli hanno il loro fondamento nelle Sacre Scritture e contano sul ampio sostegno dei santi e dei papi.
Zuppi, ha presentato a Roma il libro di Aldo Cazzullo, Francesco. Il primo italiano (HarperCollins). Mentre tutti eravamo lì, fingendo che la Chiesa battesse ancora con forza, Zuppi ha certificato la sua morte con queste parole: il papa Francesco «ha affrontato la fine del cristianesimo e non ha finto che il cristianesimo esistesse». Sembra che anche per Zuppi l’esperimento del Vaticano II —il delirio teologico degli anni sessanta— sia un morto vivente. El cristianesimo inventato negli anni sessanta non è mai stato autentico, era un’allucinazione nata dai sogni febbrili del Concilio Vaticano II. Addio al latino, all’incenso e alle genuflessioni; ciao alle chitarre, alle strette di mano e al «dialogo» con un mondo a cui non importava nulla dialogare. La dottrina è stata sostituita dalla «sensibilità pastorale», cioè lasciare che ognuno faccia ciò che vuole, purché applaudano, il risultato è che i banchi della chiesa sono più vuoti delle promesse politiche. La dottrina capovolta —il peccato è un “cammino”, l’inferno una metafora, l’Eucaristia un boccone simbolico— ha prodotto una generazione che pensa al cattolicesimo come a uno stile, non come a una fede. Il cristianesimo «finito» è una religione strana, propria di una farmacia, per hippies entrati in anni . La vera fede? È ancora viva, prega ancora in latino, crede ancora nel peccato e nella salvezza. E, curiosamente, sta crescendo proprio dove lo spirito del concilio crolla; forse la Chiesa può ora guardare a un nuovo inizio.
È necessario distinguere —come fece Romano Guardini— tra la cristianità e il cristianesimo . La cristianità è l’insieme di strutture sociali, culturali e politiche nate dal cristianesimo: un’era in cui la fede modellava le istituzioni, il diritto, l’arte e la vita quotidiana. Il cristianesimo , invece, è la fede stessa, l’incontro personale con Cristo, il seguito del Vangelo, che può esistere anche senza potere, senza consenso, persino senza visibilità. Come osservò Ratzinger in Fede e futuro , la crisi che viviamo non è principalmente religiosa, ma strutturale e culturale : «Il mondo si è chiuso in se stesso… l’ipotesi di Dio non è più necessaria per comprendere il mondo». E, tuttavia, proprio in questa pretesa di autosufficienza, l’uomo finisce per scoprire il suo vuoto . È la crisi della cristianità , non del cristianesimo: ciò che manca è un sistema di valori condivisi, non la verità della fede. Ratzinger lo aveva già intuito nel 1969, in un passaggio che oggi risuona quasi profetico: «La Chiesa perderà molto, si ridurrà e dovrà ricominciare, più o meno da capo… ma rinascerà e sarà la Chiesa di Gesù Cristo».
«Il sogno di Dio è riformarci e rinnovarci affinché, mediante i sacramenti, specialmente il sacrificio del Corpo e del Sangue di Cristo, diventiamo cristiani, membri del corpo vivo, cioè del corpo ecclesiale». «Il nostro dovere non è riformare la Chiesa di Dio, ma riformare le nostre vite». «Cristo è il capo, e noi, i vescovi, sacerdoti, diaconi, incluso il Vescovo di Roma e Successore di San Pietro, siamo solo suoi servi, poiché nessuno può porre il fondamento se non colui che già c’è, cioè Gesù Cristo; queste parole divine devono essere la massima, la regola». «La sinodalità non è il concetto di una nuova chiesa, ma… unicamente il rinnovamento della Chiesa di Cristo in Gesù Cristo»
Marilena Bogazzi è la presidente dei Vegetariani Cattolici – ne abbiamo di tutti i tipi – ha inviato al Papa Leone i suoi scritti «Il vegetarianismo di ispirazione cristiana» e «Il vegetarianismo come questione etica», e ha ricevuto risposta con firma di Edgar: «Gentile signora, con una gentile lettera, ricevuta qui, lei ha inviato al Santo Padre, come segno di devoto omaggio, alcune pubblicazioni di cui è autrice. Sua Santità ricorda che «siamo una sola famiglia, con un Padre comune che fa sorgere il sole e cadere la pioggia su tutti (cf. Mt 5,45); abitiamo lo stesso pianeta, che dobbiamo custodire insieme. Per questo, reitero un fermo appello all’unità intorno a l’ecologia integrale e alla pace». La Bogazzi sottolinea che il Santo Padre si riferiva a tutti gli esseri del pianeta, inclusi gli animali, e a l’ecologia integrale .
Marzia Ceschia, professoressa di teologia spirituale nella Facoltà di Teologia di Triveneto, offre alcune riflessioni su «Dilexi te», la prima esortazione apostolica del Papa Leone XIV. «Risulta evidente che il documento non pretende di reiterare una priorità sociologica, ma di evidenziare un precedente teologico: «Non siamo nell’orizzonte della carità, ma di quello della Rivelazione: il contatto con coloro che mancano di potere e grandezza è un modo fondamentale di incontro con il Signore della storia» (n. 5). […] I poveri costituiscono, quindi, un luogo teologico per eccellenza, poiché Cristo assunse la povertà per stare tra gli uomini […].
Gli ultimi dati dell’ISTAT confermano un nuovo calo della natalità. Si parla di una rinuncia alla paternità. Ma è il frutto di una generazione senza natura, senza gli altri, senza storia e, in definitiva, senza Dio. Secondo i ultimi dati dell’Istat , tra il 2023 e il 2024, le nascite sono calate del 2,6% in Italia, cioè 10.000 neonati in meno. L’anno scorso, tra i legami rosa e blu, abbiamo raggiunto i 370.000 nati. Dal 2008, le nascite sono diminuite del 35,8%, più di un terzo degli italiani ha smesso di nascere dal 2008. L’Istat indica, in primo luogo, che il numero di giovani sta diminuendo nel tempo, bassa natalità si autoalimenta. In secondo luogo, esistono vari fattori che contribuiscono al ristagno demografico: «La prolungazione dell’istruzione, la precarietà del lavoro giovanile e la difficoltà di accesso al mercato immobiliare, fattori che tendono a ritardare l’emancipazione dal nucleo familiare, insieme con la decisione di rinunciare alla paternità o posticiparla». A questo si aggiunge l’aumento della sterilità e dell’infertilità tra i giovani, nonché l’aborto: a livello mondiale, tre gravidanze su dieci terminano in aborto, e sei gravidanze indesiderate su dieci anche.
Sempre ci sono sorprese gradite e un manoscritto rubato dagli Archivi dei Maestri delle Cerimonie Pontificie sarà restituito agli Archivi Apostolici Vaticani il martedì 11 novembre. È stato recuperato dai Carabinieri italiani per la Tutela del Patrimonio Culturale. Si tratta di un formulario che risale al pontificato di Gregorio XVI (1831-1846), utilizzato dal Papa per assegnare titoli cardinalizi durante il Concistoro. Le iniziali corrispondevano a un catalogo del 1864 dal quale mancava questo manoscritto.
«…non per fare la mia volontà ma la volontà di Colui che mi ha mandato».
Buona lettura.
