Munilla insiste nella sua ossessione ideologizzata e accusa Trump di sporcare il giorno di Natale

Munilla insiste nella sua ossessione ideologizzata e accusa Trump di sporcare il giorno di Natale

Il vescovo di Orihuela-Alicante, José Ignacio Munilla, ha dedicato una parte centrale del suo programma Sexto Continente del lunedì 29 dicembre a criticare duramente l’attacco ordinato dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, contro basi jihadiste nel nord della Nigeria il giorno di Natale. Nel suo intervento, Munilla ha tornato a scagliarsi contro Trump, che ha accusato di strumentalizzare la Natività e di agire mosso da uno spirito di vendetta incompatibile con il Vangelo.

Munilla ha ricordato che il Papa Leone XIV aveva chiesto esplicitamente una tregua globale di 24 ore per tutte le guerre durante il Natale del 2025, e ha contrapposto questa richiesta alla decisione del governo statunitense di lanciare missili proprio il 25 dicembre. A suo giudizio, scegliere quel giorno per un’operazione militare non solo sarebbe discutibile da un punto di vista politico o strategico, ma rappresenterebbe “un profondo malinteso del Vangelo”, convertendo il Natale —secondo le sue parole— in “il giorno della vendetta”.

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Il vescovo ha insistito sul fatto che, sebbene la tradizione cristiana ammetta la legittima difesa armata in determinate circostanze, questa non può mai essere esercitata con “gioia, sarcasmo né animo di rivincita”. In quel contesto, Munilla si è soffermato in particolare sul messaggio pubblicato da Trump dopo l’attacco —“Buon Natale a tutti, inclusi i terroristi morti”—, che ha qualificato come una banalizzazione della morte e una riduzione della sofferenza umana a “munizioni retoriche” per l’applauso ideologico.

Durante il programma, Munilla ha sottolineato che i cristiani non pregano affinché “i cattivi muoiano”, ma affinché “i cattivi si convertano”, e ha avvertito del rischio di normalizzare una cultura della violenza in cui qualsiasi risposta armata risulta accettabile. In questo senso, ha paragonato il caso ad altri episodi storici —come la guerra contro la droga nelle Filippine sotto l’ex presidente Duterte— per allertare su una deriva in cui l’eliminazione fisica del nemico sostituisce lo Stato di diritto.

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Munilla ha indicato anche che, fino a quel momento, l’unico vescovo nigeriano che si era pronunciato pubblicamente sull’attacco era Mons. Matthew Hassan Kukah, della diocesi di Sokoto, una delle zone più colpite dalla violenza. Secondo quanto ha spiegato, Kukah avrebbe criticato il ricorso alla violenza e sottolineato che il conflitto in Nigeria è più complesso di una mera contrapposizione religiosa, puntando a fattori come la povertà strutturale, l’analfabetismo e il collasso morale del paese.

Il vescovo di Orihuela-Alicante ha concluso la sua riflessione affermando che utilizzare il Natale come cornice simbolica per azioni militari rappresenta, a suo giudizio, “sporcare” il senso profondo della Natività, che la Chiesa propone proprio come un megafono per mettere in discussione la guerra e denunciare la violenza. Nella sua valutazione finale, Munilla ha tornato ad avvertire contro ciò che considera una confusione tra giustizia e vendetta, e contro l’uso del linguaggio religioso per legittimare decisioni politiche e strategiche.

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