Custodio Ballester, sacerdote spagnolo, era immerso da anni in un processo giudiziario per articoli, interviste e messaggi pubblicati tra il 2013 e il 2019 in cui si era riferito apertamente all’islam e all’immigrazione. Insieme a lui sono stati processati un altro sacerdote, Jesús Calvo, e il direttore di un mezzo digitale, Armando Robles. La Procura li ha accusati di incitamento all’odio e ha chiesto pene di prigione. Tuttavia, il 17 ottobre 2025, la Audiencia Provincial de Málaga li ha assolti considerando che le loro parole, sebbene dure o offensive, erano protette dalla libertà di espressione.
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Ora, secondo quanto riferisce El Debate, la Procura di Málaga ha presentato un ricorso contro la sentenza della Audiencia Provincial che ha assolto gli imputati. Il Ministero Pubblico ritiene che la Sala non abbia applicato correttamente la dottrina giurisprudenziale sul reato di odio e considera che i fatti provati si adattino al tipo penale, per cui impugna l’assoluzione emessa dalla Prima Sezione della Audiencia malagueña.
Nella sua sentenza, il tribunale riconosceva che gli accusati non avevano negato l’autoria né la diffusione degli articoli, messaggi e interviste oggetto del procedimento, pubblicati tra il 2013 e il 2019, ma ha concentrato l’analisi nel determinare se tali manifestazioni dovessero essere considerate delittuose o se fossero protette dal diritto fondamentale alla libertà di espressione.
La Sala ha concluso che, anche se alcuni messaggi potessero risultare “disprezzabili”, “perversi”, “chiaramente offensivi” o “sfortunati”, non concorrevano gli elementi oggettivi né soggettivi necessari per apprezzare il reato di odio. Ha sottolineato inoltre che non ogni discorso offensivo esce automaticamente dall’ambito della libertà di espressione né ogni eccesso verbale costituisce un’infrazione penale.
Le risoluzioni giudiziarie hanno analizzato in particolare testi e interviste centrati sull’immigrazione —in particolare di origine africana— e sull’islam, in cui si impiegavano espressioni dure come “invasori”, “sterminio dell’infedele” o “grave minaccia”. Per il tribunale, anche un discorso intollerante può rimanere entro i margini della libertà di espressione se non incita in modo diretto ed efficace alla violenza o alla discriminazione.
Nonostante ciò, la Procura sostiene ora che la Audiencia ha interpretato in modo errato la dottrina applicabile e ha deciso di riattivare la via giudiziaria mediante un ricorso per violazione di legge. Anche un’accusa particolare ha ricorso contro la sentenza assolutoria.
L’assoluzione dei sacerdoti e del responsabile del mezzo ha rappresentato un sostegno giudiziario all’esercizio della libertà di espressione in un contesto sempre più segnato dalla judicializzazione di opinioni critiche, specialmente quando riguardano questioni religiose, culturali o migratorie.
