La giustizia italiana approva la transizione legale di genere di una bambina di 13 anni

La giustizia italiana approva la transizione legale di genere di una bambina di 13 anni

Un tribunale italiano ha approvato il cambio legale di nome e sesso anagrafico di una minore di 13 anni dopo un processo medico e psicologico di ciò che viene denominato “transizione di genere”. La decisione, adottata dal Tribunale di La Spezia lo scorso 21 dicembre, rende l’adolescente la persona più giovane in Italia a ottenere questo riconoscimento legale, secondo quanto riportato da LifeSiteNews.

La sentenza ordina la rettifica del certificato di nascita, permettendo che la minore —nata femmina— sia registrata ufficialmente come maschio. Il tribunale ha accettato la richiesta presentata dai genitori, supportata da rapporti medici e psicologici che attestano un processo di transizione “completato” sotto supervisione clinica.

L’avvocato della famiglia, Stefano Genick, ha qualificato la risoluzione come “storica in termini di precedente” e ha assicurato che, a giudizio del tribunale, “a 13 anni l’identità di genere è già consolidata”, aspetto che sarebbe stato confermato dalle valutazioni mediche designate giudizialmente.

Trattamenti ormonali e blocco della pubertad

Secondo la documentazione esaminata dai giudici, la minore avrebbe iniziato a manifestare comportamenti considerati maschili a nove anni. La famiglia si è allora rivolta a un ospedale di Firenze, dove specialisti in psichiatria, andrologia ed endocrinologia hanno diagnosticato disforia di genere e iniziato il trattamento con triptorelina, un farmaco destinato a bloccare la pubertad mediante la soppressione della produzione ormonale.

Dopo diversi anni di follow-up clinico, i genitori hanno richiesto il riconoscimento legale della transizione, in modo che la minore figurasse come maschio anche nei documenti ufficiali. Il tribunale ha dato il via libera alla richiesta, basandosi —secondo quanto riporta il quotidiano italiano Libero— su “l’itinerario psicoterapeutico seguito in modo costante, le terapie ormonali somministrate con successo e la gestione matura del disagio sociale associato al processo di cambiamento”.

I magistrati hanno concluso che la minore aveva raggiunto “piena consapevolezza dell’incongruenza tra il suo corpo e l’identità di genere percepita”.

Critiche per l’incoerenza legale

Secondo le informazioni raccolte da LifeSiteNews, la decisione ha provocato una forte reazione critica nell’ambito sociale e giuridico. Jacopo Coghe, portavoce dell’organizzazione Pro Vita & Famiglia, ha denunciato l’incoerenza del sistema legale italiano, che impedisce a un minore di 14 anni di farsi un tatuaggio o di rispondere penalmente per reati gravi, ma permette trattamenti ormonali e il cambio legale di sesso.

“È una follia assoluta”, ha affermato Coghe, che ha annunciato che la sua organizzazione lotterà per modificare la legislazione italiana ed evitare che i minori siano sottoposti a processi di transizione sessuale. Il portavoce ha anche sottolineato la contraddizione di una magistratura che autorizza questo tipo di decisioni mentre, in altri casi, toglie la custodia alle famiglie per presunte carenze educative.

Un vuoto legale con conseguenze profonde

L’Italia non dispone di una legge che stabilisca un’età minima per iniziare una transizione di genere, né dal punto di vista medico né legale. La legislazione del 2011 ha inoltre eliminato l’esigenza di chirurgia per modificare il sesso anagrafico. In Europa, il panorama è disuguale: la Spagna ha una delle normative più permissive, mentre paesi come l’Ungheria proibiscono espressamente questi procedimenti, e altri, come la Polonia, mancano di regolamentazione specifica.

Con questa sentenza, si consolida un precedente che amplia ulteriormente il margine di azione giudiziaria in materia di identità di genere applicata ai minori, nonostante che lo stesso ordinamento giuridico italiano consideri i minori di 14 anni come soggetti che devono essere particolarmente protetti e non pienamente responsabili delle loro azioni.

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