Nelle ultime settimane, le istituzioni dell’Unione Europea hanno compiuto nuovi passi nella stessa direzione ideologica: la promozione dell’aborto come politica pubblica e l’esclusione progressiva delle organizzazioni che difendono la vita e la famiglia da una prospettiva cristiana. I fatti configurano un pattern che merita di essere esaminato con attenzione.
Il Parlamento Europeo appoggia l’iniziativa abortista «My Voice, My Choice»
Il 17 dicembre 2025, il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione di sostegno all’Iniziativa Cittadina Europea (ICE) My Voice, My Choice, che promuove l’accesso all’aborto “sicuro e gratuito” in tutta l’Unione. La votazione si è conclusa con 358 voti a favore, 202 contrari e 79 astensioni, in una risoluzione di carattere non vincolante ma di chiaro peso politico, secondo quanto riportato dai media europei e dallo stesso Parlamento.
L’iniziativa, che ha superato la soglia del milione di firme richiesta dalla normativa comunitaria, propone la creazione di un meccanismo finanziario europeo di “solidarietà” che permetta alle donne di paesi con legislazione restrittiva di abortire in altri Stati membri con supporto economico pubblico. Sebbene l’UE non disponga formalmente di competenze per legiferare direttamente sull’aborto, il Parlamento esorta così la Commissione Europea ad avanzare in quella direzione.
La Commissione ha ora fino a marzo 2026 per rispondere ufficialmente all’ICE, in un contesto di forte pressione politica e mediatica.
L’altro lato: ritiro di fondi alla principale federazione cattolica familiare
Quasi in parallelo, la Federazione delle Associazioni Familiari Cattoliche in Europa (FAFCE) ha visto la Commissione Europea rifiutare tutti i progetti che aveva presentato a vari programmi comunitari, lasciandola senza finanziamento istituzionale. L’informazione, pubblicata da La Nuova Bussola Quotidiana, identifica questo episodio come un punto di svolta preoccupante.
La FAFCE, che raggruppa associazioni familiari cattoliche di oltre venti paesi e mantiene uno status consultivo presso le istituzioni europee, ha ricevuto come giustificazione valutazioni vaghe relative a presunte carenze in materia di “uguaglianza di genere” o “non discriminazione”, senza che siano state fornite obiezioni tecniche concrete né sia stata messa in discussione la legalità delle sue proposte.
Il suo presidente, Vincenzo Bassi, ha denunciato che la federazione affronta ora una grave crisi finanziaria, con un rischio reale di tagli al personale e alle attività, il che limiterà la sua capacità di partecipare al dibattito pubblico europeo.
Un doppio standard sempre più evidente
Mentre il Parlamento Europeo avalla meccanismi per facilitare e finanziare l’aborto, le strutture comunitarie chiudono l’accesso ai fondi pubblici alle associazioni cattoliche che sostengono una visione antropologica coerente con la dottrina cristiana e con le radici culturali dell’Europa.
Non si tratta solo di una questione di bilancio. In gioco c’è il principio di pluralità e il rispetto del principio di sussidiarietà, sancito sia nei trattati europei sia nella Dottrina Sociale della Chiesa. Materie così sensibili come la vita umana, la famiglia o la morale pubblica stanno essendo progressivamente spostate dal campo della sovranità nazionale e del dibattito etico, per diventare dogmi ideologici promossi da istanze sovranazionali.
