La prefetta del Dicastero per i Religiosi è una negazione del Concilio Vaticano II. Cosa rimarrà valido nella Chiesa in futuro?
Un commento invitato di Martin Grichting
Da anni, la Santa Sede sottopone l’intera Chiesa a un dibattito ad nauseam sulla sinodalità. Tuttavia, in questo periodo, il Papa precedente ha preso una decisione senza consultazione sinodale che altera l’essenza sacramentale della Chiesa: Il 13 dicembre 2024, la religiosa Simona Brambilla, che per sua natura non può ricevere il sacramento dell’Ordine, è stata nominata «prefetta» del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. Da allora, esercita come laica la «sacra potestas» (potestas ordinaria vicaria) su decine di migliaia di chierici religiosi.
Il Concilio Vaticano II, la massima espressione di sinodalità, aveva insegnato, al contrario, che il sacramento dell’Ordine conferisce l’ufficio di reggere. Il diritto può solo regolare in modo più dettagliato la forma concreta dell’esercizio dell’ufficio di reggere. Per questo, papa Paolo VI precisò nella «Nota esplicativa previa» della «Lumen Gentium»: «Nella consacrazione si dà una partecipazione ontologica ai ministeri sacri, come consta senza dubbio dalla Tradizione, anche liturgica». Senza questa partecipazione ontologica attraverso il sacramento dell’Ordine, non può esserci una definizione giuridica più precisa del potere di reggere.
In altre parole: in tempi di presunta sinodalità, il Papa precedente ha respinto in modo antisinodale, con un colpo di penna, il Concilio Vaticano II in una questione dogmatica fondamentale che riguarda l’essenza della Chiesa e uno dei sette sacramenti. E la «prefetta» in questione è ancora in carica un anno dopo questa rottura con il Concilio.
Questa azione ha gravi conseguenze:
Se il Concilio Vaticano II è valido solo fino a nuovo avviso per quanto riguarda una questione dogmatica fondamentale, allora tutto il resto che ha detto questo concilio è anch’esso invalidato. Come è noto, gran parte di esso ha un carattere meno vincolante. Allora non è più necessario prendere alla lettera le disposizioni disciplinari relative alla liturgia, per esempio. E le dichiarazioni sulla libertà religiosa, un livello più in basso, si riferiscono solo alla dottrina sociale della Chiesa. Quale valore hanno ancora tali dichiarazioni? D’altro canto, si aprirebbero nuove prospettive di dialogo con la Fraternità Sacerdotale San Pio X se, in relazione a «Sacrosanctum Concilium» e «Dignitatis Humanae», si dichiarasse successivamente che si tratta solo di opinioni non vincolanti che possono essere revocate in qualsiasi momento.
Joseph Ratzinger sottolineò in «Democrazia nella Chiesa. Possibilità e limiti», pubblicato nel 1970, che la separazione tra il potere d’ordine e il potere di governo è «assolutamente inammissibile». Perché, in questo modo, il sacramento viene relegato «a ciò che è magico» e la giurisdizione ecclesiastica «a ciò che è profano»: «Il sacramento viene concepito solo come rito, non come incarico di dirigere la Chiesa mediante la Parola e la Liturgia; e il governo viene visto come una questione politico-amministrativa, perché la Chiesa è vista come un mero strumento politico. In realtà, il ministero di leadership nella Chiesa è un servizio indivisibile» (citato secondo l’edizione Topos Limburg-Kevelaer 2000, p. 31 e ss.). Sebbene papa Leone XIV rifiuti definitivamente il Concilio Vaticano II in questa questione fondamentale della fede, la questione del sacerdozio femminile è realmente risolta in modo definitivo. È vero che in futuro non ci saranno donne sacerdoti. Ma il tema diventa secondario. Perché nella Chiesa si può reggere anche senza il sacramento dell’Ordine, e la «prefetta» ne è la prova lampante. Il sacramento dell’Ordine non è più la base essenziale, ma solo un complemento facoltativo. È un’aggiunta magica accidentale, «piacevole da avere», ma non più indispensabile. Così si possono risolvere i problemi. Tuttavia, questo avviene a scapito della sostanza della fede, che si dissolve dietro sofismi giuridici.
Se il Concilio Vaticano II non è più valido per quanto riguarda il sacramento dell’ordine e la «potestas sacra», in futuro, seguendo l’esempio del Papa, possono esserci laici in tutti i livelli della gerarchia: i laici possono essere parroci e assumere un assistente sacramentale che riempia il tabernacolo una volta al mese. I laici possono anche essere vescovi e vicari generali, come accadeva in modo abusivo nel feudalesimo medievale. Perché se a Roma una prefetta può dispensare i monaci dai loro voti pubblici, un vescovo laico può anche nominare parroci. La nomina papale è sufficiente per entrambi. Per il sacramento della confermazione, il futuro vescovo laico dispone, al pari del nobile principe-vescovo laico tedesco del XVI secolo, di un vescovo ausiliario. E se in questa diocesi ci sono ancora uomini che desiderano agire come assistenti sacramentali, il vescovo ausiliario può autorizzarli ritualmente.
La Chiesa si organizzerà allora come qualsiasi altra impresa mediante strumenti giuridici come la nomina e la destituzione. In questo modo, si secularizzerà e si profanerà. La domanda è allora cosa c’entri esattamente questo con Dio e la grazia. Forse bisognerebbe precisare ufficialmente che Gesù Cristo non ha scelto e inviato gli apostoli, ma li ha nominati.
Nel caso dell’attuale prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, si tratta della questione dell’idoneità intellettuale e morale di una persona. Nel caso che ci occupa, non si tratta di una persona concreta, ma di una questione centrale della fede. I fedeli hanno ora il diritto di sapere se il Concilio Vaticano II è ancora valido nelle sue determinazioni dogmatiche o no. Da ciò dipende l’unità della Chiesa.
