Il piano erratico di Bertomeu con il Sodalicio: fango e rumore senza rigore giuridico

Di: Javier Tebas, avvocato

Il piano erratico di Bertomeu con il Sodalicio: fango e rumore senza rigore giuridico

La diffusione da parte di Infovaticana di un audio in cui Jordi Bertomeu rivela pratiche improprie nel procedimento canonico del Sodalicio ha avuto un effetto immediato: nervosismo, accuse infondate e una campagna per presentare qualsiasi critica come parte di una cospirazione internazionale.

In realtà, ciò che è accaduto è più semplice: è emerso che uno dei casi canonici e mercantili più rilevanti degli ultimi anni sta essendo gestito con improvvisazione, timore del scrutinio pubblico e un approccio giuridico molto deficitario.

Conviene, quindi, abbassare il volume del rumore e cercare di elevare il livello dell’analisi del caso Sodalicio, dove la strategia giuridico-mediatica del liquidatore Bertomeu, come ufficiale vaticano, sta generando una confusione difficile da seguire.

1. Il disprezzo incomprensibile verso le vittime del caso “Lute”

Uno dei comportamenti più sconcertanti di Paola Ugaz, Pedro Salinas e di coloro che orbitano intorno alla loro narrativa —incluso Jordi Bertomeu— è offuscare il caso Sodalicio con l’insistenza nel screditare, minimizzare o presentare come manipolate le vittime del sacerdote diocesano di Chiclayo noto come “Lute” a cui nessuno ha chiamato in questo caso e che risultano assurdamene coinvolte in qualcosa che è loro totalmente estraneo. Attenzione, bisogna avere molto più rispetto e cura per le vittime di abusi e questi portavoce dovrebbero ripensare seriamente come stanno trattando il caso Lute, perché entrano in un’accerchiamento che può comportare conseguenze penali.

Non siamo di fronte a una questione accessoria né a un conflitto interpretativo: parliamo di minori di nove anni trasferiti in un soggiorno nella sierra, isolate e sottoposte ad abusi che includevano nudità e contatto genitale sessuale. Esistono indizi solidi che potrebbe esserci più vittime non investigate perché le indagini ecclesiastiche sono state chiuse con una rapidità e metodi incriminatori.

La domanda è inevitabile: quale necessità hanno questi comunicatori di entrare in battaglia contro vittime che chiedono solo trasparenza nel loro caso?

I difensori della causa del Sodalicio —che sì contiene elementi di chiara responsabilità morale e patrimoniale— dovrebbero comprendere che nulla scredita di più una rivendicazione legittima che disprezzare altre vittime più vulnerabili che non fanno parte della loro agenda narrativa.

La testimonianza di Ana María Quispe, serena, coerente e senza traccia di allineamento ideologico, è un esempio evidente. Attaccarla non solo è ingiusto: è goffo. Distrugge credibilità. E mette in evidenza un’ossessione per controllare la narrativa anche al prezzo di passare sopra a chi ha sofferto abusi atroci.

È difficile identificare un errore morale e strategico più grave di questo.

2. Un caso mercantile che richiedeva giuristi esperti, non attivismo mediatico

Il nucleo del caso mercantile del Sodalicio indica possibili strutture giuridiche simulate, organi di governo presentati come autonomi che in realtà rispondevano alla struttura sodale e movimenti patrimoniali che potrebbero costituire un’alzata di beni attraverso associazioni schermo.

Questo, per qualsiasi giurista minimamente formato, è un campo in cui intervengono il sollevamento del velo societario, l’identificazione di amministratori di fatto, l’analisi di simulazione contrattuale e il tracciamento di decisioni reali oltre le forme documentali.

Tuttavia, lontano dall’aprire un dibattito giuridico serio, si è optato per una strategia basata su semplificazioni infantili, squalifiche e un bullismo mediatico che ci parla di presunte cospirazioni che non lo sono.

La volgarità di alcune dichiarazioni pubbliche, unita all’incapacità di presentare un quadro legale coerente, rivela un problema di base: i principali portavoce del caso Sodalicio non capiscono i meccanismi giuridici necessari per smantellare strutture patrimoniali complesse.

Si insiste che il Sodalicio avrebbe operato con aziende schermo. Si dovrebbe parlare di perizie, di studi di collegamento societario, di analisi di flussi economici. Dove sta l’argomentazione canonica coordinata con quella civile per determinare la relazione tra persone giuridiche ecclesiastiche e le loro estensioni mercantili?

Non esiste. E non esiste perché coloro che guidano pubblicamente la causa sono giornalisti e un funzionario ecclesiale che, per formazione ed esperienza, non sono preparati per un’indagine patrimoniale internazionale.

La conseguenza è chiara: il caso si diluisce in rumore, attacchi personali e narrazioni cospirative, mentre coloro che hanno progettato le strutture giuridiche parallele e simulate continuano senza essere confrontati con un fascicolo solido.

La giustizia non avanza a colpi di titoli né di articoli di opinione, ma con lavoro tecnico, documenti, perizie e Diritto applicato con rigore.

3. Il problema Bertomeu: un gestore giuridico e comunicazionale di basso livello

L’audio rivelato da Infovaticana ha messo in evidenza qualcosa che molti nel campo canonico intuivano: Jordi Bertomeu manca della solidità professionale necessaria per gestire un caso di questa portata.

Il suo approccio alla liquidazione del Sodalicio è superficiale, frammentario e segnato da una comprensione limitata del funzionamento di strutture societarie complesse.

L’approccio che applica è più proprio di un’istruzione leggera di delitti morali che di un’indagine patrimoniale internazionale.

L’assenza di un modello integrale di azione, di un team di giuristi di alto livello e di una strategia probatoria dimostra che il caso, nelle mani di Bertomeu, è condannato alla mediocrità e al fango, senza che sembri importare al tortosino che schizzi lo stesso Papa.

Comportamento comunicazionale erratico

A ciò si aggiunge la sua evidente difficoltà nel gestire la comunicazione pubblica.

Quando si menziona Bertomeu in un mezzo, entra in una spirale di panico: chiede articoli laudatori, cerca blindature mediatiche, mescola temi senza relazione, coinvolge il Papa senza necessità e arriva a indicare vittime di altri casi, come se fossero pezzi di un racconto cospirativo.

Una persona in quello stato di tensione e mancanza di autocontrollo non dovrebbe dirigere un processo canonico di queste caratteristiche.

Invece di costruire un caso, Bertomeu costruisce un racconto. E lo costruisce male. Non è equilibrio professionale ciò che dimostra, ma fragilità.

Il rumore beneficia i veri responsabili

Mentre giornalisti e funzionari ecclesiastici trasformano il caso in un campo di battaglia mediatico delirante, coloro che beneficiano delle strutture patrimoniali parallele del Sodalicio osservano lo spettacolo.

La causa si svuota di contenuto giuridico, si politicizza in eccesso e si circonda di una narrativa emotiva che soffoca la ricerca oggettiva della verità.

Il caso Sodalicio —sia nella sua dimensione morale che in quella patrimoniale e canonica— esige giuristi esperti con autorità tecnica, una strategia probatoria solida, un quadro canonico ben articolato e una comunicazione trasparente, non isterica. Finché questo non accadrà, gli unici danneggiati saranno le vittime e la stessa Chiesa. E gli unici beneficiati, coloro che hanno progettato una struttura che, fino ad ora, è sopravvissuta grazie all’incompetenza di chi dice di lottare contro di essa.

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