León XIV: “La vita è un dono che va custodito”

Santa Teresa y San Juan de la Cruz, claves del Papa para entender la verdadera mística

Nella udienza generale del 26 novembre 2025, celebrata in Piazza San Pietro, il Papa Leone XIV ha proseguito il suo ciclo di catechesi del Giubileo 2025 dedicato a Gesucristo, nostra speranza. In questa occasione —lasciando da parte i riferimenti ecologici— ha approfondito il senso cristiano della vita, la necessità di custodirla come un dono e il valore della speranza di fronte a una cultura segnata dalla diffidenza e dalla stanchezza esistenziale.

Lungo la sua catechesi, il Santo Padre ha avvertito sulla mancanza di fiducia nella vita che si diffonde in molti cuori, e ha chiamato a riscoprire la vita come dono di Dio, invitando i fedeli a generare vita nelle sue molteplici dimensioni: familiare, comunitaria, sociale e spirituale. Ha sottolineato che la Risurrezione di Cristo sostiene il cristiano in questo cammino, anche nei momenti di oscurità e dolore.

Pubblichiamo di seguito la catechesi completa di Leone XIV:

Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti!

La Pasqua di Cristo illumina il mistero della vita e ci permette di guardarla con speranza. Questo non è sempre facile o dato per scontato. Molte vite, in tutte le parti del mondo, appaiono stanche, dolorose, piene di problemi e di ostacoli da superare. Tuttavia, l'essere umano riceve la vita come un dono: non la chiede, non la sceglie, la sperimenta nel suo mistero dal primo giorno fino all'ultimo. La vita ha la sua specificità straordinaria: ci è offerta, non possiamo dartela noi stessi, e deve essere nutrita costantemente: è necessario un prendersi cura che la mantenga, la renda dinamica, la custodisca, la rilanci.

Si può dire che la domanda sulla vita è una delle questioni abissali del cuore umano. Siamo entrati nell'esistenza senza aver fatto nulla per deciderlo. Da questa evidenza sgorgano come un fiume in piena le domande di tutti i tempi: chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? Qual è il senso finale di tutto questo viaggio?

In effetti, vivere invoca un senso, una direzione, una speranza. E la speranza agisce come l'impulso profondo che ci fa camminare nelle difficoltà, che non ci fa arrendere davanti alle fatiche del viaggio, che ci assicura che il pellegrinaggio dell'esistenza ci conduce a casa. Senza speranza la vita rischia di apparire come una parentesi tra due notti eterne, una breve pausa tra l'avant e il dopo del nostro passaggio sulla terra. Sperare nella vita significa invece assaporare la meta, credere come sicuro ciò che non vediamo, che ancora non vediamo né tocchiamo, fidarsi e affidarsi all'amore di un Padre che ci ha creato perché ci ha voluti con amore e ci vuole felici.

Cari, nel mondo c'è una malattia diffusa: la mancanza di fiducia nella vita. Come se ci fossimo rassegnati a una fatalità negativa, di rinuncia. La vita rischia di non rappresentare più una possibilità ricevuta come dono, ma un'incognita, quasi una minaccia da cui preservarsi per non deludersi. Per questo, il valore di vivere e di generare vita, di testimoniare che Dio è per eccellenza «L'amante della vita», come afferma il Liber Sapientiae (11,26), è oggi più che mai un appello urgente.

Nel Vangelo Gesù conferma costantemente la sua premura per curare i malati, risanare corpi e spiriti feriti, ridare vita ai morti. In questo modo, il Figlio incarnato rivela il Padre: restituisce dignità ai peccatori, concede il perdono dei peccati e include tutti, specialmente i disperati, gli esclusi, gli allontanati dalla sua promessa di salvezza.

Generato dal Padre, Cristo è la vita e ha generato vita senza risparmiarsi fino a donarci la sua, e ci invita a donare la nostra vita. Generare significa mettere vita in un altro. L'universo dei viventi si è esteso attraverso questa legge, che nella sinfonia delle creature conosce un ammirabile crescendo culminante nel duetto dell'uomo e della donna: Dio li ha creati a sua immagine e somiglianza e a loro ha affidato la missione di generare anch'essi a sua immagine, ossia per amore e nell'amore.

Dal principio la Sacra Scrittura ci rivela che la vita proprio nella sua forma più elevata, quella umana, riceve il dono della libertà e diventa un dramma. Così le relazioni umane sono anch'esse segnate dalla contraddizione, fino al fratricidio. Caino percepisce il fratello Abele come una concorrenza, una minaccia, e nella sua frustrazione non si sente capace di amarlo e di stimarlo. Ecco i gelosi, l'invidia, il sangue (Gen 4,1-16). La logica di Dio, invece, è un'altra. Dio rimane fedele per sempre al suo disegno di amore e di vita; non si stanca di sostenere l'umanità anche quando, sulle tracce di Caino, obbedisce all'istinto cieco della violenza nelle guerre, nelle discriminazioni, nel razzismo, nelle molteplici forme di schiavitù.

Generare significa allora affidarsi al Dio della vita e promuovere l'umano in tutte le sue espressioni: anzitutto nell'avventura meravigliosa della maternità e della paternità, anche in contesti sociali in cui le famiglie faticano a sostenere l'oneroso del quotidiano, essendo spesso troncate nei loro progetti e nei loro sogni. In questa stessa logica, generare è impegnarsi per un'economia solidale, cercare il bene comune ugualmente goduto da tutti, rispettare e curare il creato, offrire consolazione con l'ascolto, la presenza, l'aiuto concreto e disinteressato.

Sorelle e fratelli, la Risurrezione di Gesù Cristo è la forza che ci sostiene in questa sfida, anche là dove le tenebre del male oscurano il cuore e la mente. Quando la vita sembra essersi spenta, bloccata, ecco che il Signore Risorto passa di nuovo, fino alla fine dei tempi, e cammina con noi e per noi. Egli è la nostra speranza.