Il tribunale nega di indagare su Cobo in un caso FUSARA pieno di ombre

Il tribunale nega di indagare su Cobo in un caso FUSARA pieno di ombre

Un recente auto del Juzgado de Instrucción nº 28 di Madrid ha respinto la richiesta dei vicini di imputare al cardinale José Cobo e al nuovo patronato di FUSARA nella causa penale che indaga sull'operazione immobiliare controversa realizzata nel 2019. Questa risoluzione giudiziaria segna un punto significativo all'interno di un processo che ha accumulato sospetti, decisioni contestate e conseguenze dirette per più di duecento famiglie che vivono negli immobili interessati. L'auto non esonera il precedente patronato, ma delimita gli indagati al momento processuale in cui si trova già la causa. In altre parole, non preclude le azioni, ma non procederebbe a iniziarle in questo stesso procedimento.

L'operazione originale: una vendita anomala fin dall'inizio

La radice del caso si trova nel 2019, quando FUSARA —fondazione di ispirazione cattolica la cui presidenza spetta all'arcivescovo di Madrid— ha formalizzato la vendita di quattordici edifici situati nel centro della capitale al fondo avvoltoio Tapiamar e alle sue società collegate. La transazione si è chiusa per un prezzo vicino ai 65 milioni di euro, nonostante rapporti peritali e valutazioni indipendenti collocassero il valore reale dell'insieme al di sopra dei 200. La differenza tra prezzo di mercato e prezzo di vendita ha attivato tutti gli allarmi. A ciò si è aggiunta l'intervento di intermediari che hanno incassato commissioni milionarie e che oggi sono sotto indagine. La gestione del precedente patronato —designato dall'Arcidiocesi sotto l'episcopato di Carlos Osoro— è rimasta in discussione, sia per la mancanza di trasparenza sia per l'apparente violazione di un'etica aspettabile nella Chiesa. I vicini, alcuni di loro novantenni nati nelle abitazioni, hanno ricevuto burofax che annunciavano il cambio di proprietà e potenziali sfratti, il che ha provocato una mobilitazione che avrebbe finito per paralizzare la vendita nei tribunali.

La svolta del nuovo patronato: un accordo extragiudiziale che non convince tutti

Con l'arrivo del cardinale José Cobo all'arcivescovado, il patronato ha preso una direzione diversa. Il 30 luglio del 2025, FUSARA ha raggiunto un accordo extragiudiziale con gli acquirenti per modificare l'operazione. Il nuovo patto escludeva uno degli edifici —quello di calle Barquillo 22, sede della fondazione— e elevava la valutazione del resto degli immobili fino a 99 milioni di euro, rispetto ai 64,3 milioni iniziali. La fondazione aveva già ricevuto 37 milioni nel 2019 come pagamento anticipato, e secondo la versione di Fusara, l'accordo rappresentava un miglioramento sostanziale rispetto all'operazione iniziale. Questa decisione è stata giustificata indicando che la lite poteva protrarsi per anni, tempo durante il quale FUSARA non avrebbe disposto delle risorse necessarie per coprire le sue perdite strutturali. Secondo quanto spiegato dalla stessa fondazione, lo studio Baker & McKenzie avrebbe raccomandato di accettare tale via per garantire la sua continuità finanziaria. Ma l'accordo non è stato esente da critiche. Una delle decisioni più controverse è stata quella di rinunciare ad azioni legali contro gli acquirenti indagati per frode. Un'altra, ancora più polemica, è stata la richiesta di escludere i vicini come accusa popolare nel procedimento penale. Sebbene legalmente possibile, questo gesto è stato percepito come inutile e contrario all'impegno sociale che dovrebbe guidare una fondazione legata alla Chiesa. La sensazione generale tra gli interessati è che il nuovo patronato, pur non avendo partecipato all'operazione originale, abbia optato per una soluzione il cui effetto pratico rafforza la posizione di coloro che hanno partecipato alla vendita iniziale.

Le lacune che persistono: alternative non esplorate e l'ombra del levantamiento del velo

Uno dei punti più segnalati da esperti e vicini è che FUSARA non ha chiesto al tribunale che gli affitti degli immobili —o una parte di essi— fossero destinati in via cautelare a coprire il deficit della fondazione mentre durava la lite. Questo avrebbe potuto permettere di sostenere l'attività fondazionale senza necessità di arrivare a un accordo prematuro, e inoltre senza danneggiare gli inquilini. A domande di Infovaticana, la risposta di Fusara è stata la seguente:

«La Fundación no se pudo personar como acusación particular hasta enero de 2021, cuando el Juzgado ya había adoptado las medidas cautelares. Por tanto, FUSARA nunca lo planteó ni se pronunció al respecto. Tampoco se volvió a suscitar la cuestión de la consignación de los alquileres por ninguna de las partes.

A lo anterior se añade que TAPIAMAR había desembolsado ya 37 millones de euros, por lo que consignación de las rentas habría sido a todas luces desproporcionada, en la medida en que (i) ya estaban acordadas las anotaciones de prohibición de disponer y (ii) habría implicado la quiebra del Grupo TAPIAMAR sin evitar la quiebra de FUSARA (ausencia de proporcionalidad).»

Questa risposta non spiega perché mettere davanti il rischio di bancarotta (non provata) di un gruppo truffaldino rispetto a una soluzione che avrebbe permesso una situazione più giusta con gli inquilini e che non esonererebbe gli autori del reato originale.

Persiste anche la questione giuridica del levantamiento del velo: sebbene FUSARA abbia cercato di distaccarsi organicamente dalla Chiesa, la sua realtà istituzionale mostra il contrario. Il patronato è presieduto da un arcivescovo, la sua finalità è confessionale, le sue attività sono allineate con la missione pastorale e i suoi beni sono stati amministrati storicamente dall'Arcidiocesi. Da una prospettiva giuridica, questi elementi potrebbero permettere di attribuire responsabilità diretta alla Chiesa, che conta con un budget approssimativo di 40 milioni annui a Madrid. La domanda non è teorica: la Chiesa avrebbe potuto assumere temporaneamente le perdite di FUSARA mentre procedeva il processo giudiziario per evitare un accordo assolutore con indagati per amministrazione sleale in un reato di tali dimensioni? La risposta è affermativa, sebbene nessuno abbia dato quel passo.

Il tentativo fallito di imputazione del nuovo patronato

La firma dell'accordo del 2025 ha portato i vicini a richiedere l'ampliamento della querela per includere il cardinale Cobo e il nuovo patronato nel procedimento penale. L'argomentazione si basava sul fatto che, sebbene l'origine della truffa corrisponda al patronato precedente, il nuovo accordo consolida parte del danno e ritira accuse contro alcuni dei beneficiari. Il tribunale, tuttavia, ha respinto la richiesta con un breve argomento di estemporaneità processuale. La decisione giudiziaria stabilisce il confine tra responsabilità penale e responsabilità morale: sebbene per il momento non ci siano indizi di reato da parte del patronato attuale, le questioni etiche e di coerenza con la Dottrina Sociale della Chiesa rimangono aperte.

Una decisione legalmente protetta, eticamente discutibile

Il caso FUSARA–Tapiamar continua a essere un terreno di frizione tra la logica giuridica, la responsabilità istituzionale e la dimensione umana. Sebbene la frode a danno della Fondazione indagata corrisponda chiaramente alla fase precedente, e sebbene il nuovo patronato abbia agito entro la legalità stretta, ciò non cancella le domande fondamentali. Si sono esplorate tutte le vie per difendere il patrimonio e la funzione sociale della fondazione? Era necessario rinunciare all'accusa contro gli acquirenti indagati? Perché non si è chiesto che gli affitti sostenessero temporaneamente FUSARA? E perché escludere i vicini come accusa popolare? L'accordo del 2025 chiude un capitolo giudiziario, ma apre un altro segnato da dubbi etici e sociali. E in mezzo a questo dibattito, rimangono centinaia di vicini —alcuni anziani, alcuni nati in queste abitazioni— che continuano a vivere con l'incertezza sul futuro di ciò che per generazioni hanno chiamato casa.