Alberto II veta la legge sull'aborto e riafferma l'identità cattolica di Monaco… e l'Andorra?

Alberto II veta la legge sull'aborto e riafferma l'identità cattolica di Monaco… e l'Andorra?

Monaco ha mantenuto tradizionalmente una delle legislazioni più severe d'Europa in materia di aborto. Fino a pochi anni fa, l'interruzione della gravidanza era penalizzata in qualsiasi circostanza: le donne potevano ricevere pene fino a tre anni di prigione, e i medici rischiavano persino l'inabilitazione professionale.

Dal 2019, l'aborto è stato depenalizzato —cioè, non comporta più sanzioni penali—, ma rimane illegale salvo nei casi eccezionali previsti dalla legge del 2009. Come ricorda l'Agenzia Cattolica di Notizie, questa situazione ha portato molte donne a ricorrere alla Francia per abortire, dove la pratica è legale, senza che ciò possa essere perseguito dalle autorità monegasche.

La posizione del sovrano si appoggia su un principio costituzionale esplicito: la religione cattolica è la religione di Stato. Questo riconoscimento non è meramente culturale, ma un pilastro della visione antropologica e giuridica del paese. Con il suo veto, Alberto II riafferma questo fondamento.

L'avvertimento del Magistero sulle leggi abortiste

Per comprendere la portata della decisione del principe, conviene tenere presente la dottrina della Chiesa sul valore giuridico delle leggi che permettono l'aborto. In Evangelium Vitae, san Giovanni Paolo II afferma che le leggi abortiste sono leggi completamente prive di autentica validità giuridica e non obbligano in coscienza, poiché contraddicono l'essenza stessa del diritto: la protezione dell'innocente.

Il testo sottolinea un punto chiave: nessuna norma umana può dichiarare giusto ciò che è intrinsecamente ingiusto. Per questo l'aborto non può essere configurato come un diritto senza distruggere il primo di tutti i diritti, il diritto alla vita.

Una decisione politica che afferma un principio civilizzatorio

Il rifiuto di Alberto II non obbedisce a un'imposizione religiosa, ma a una convinzione antropologica e giuridica: una civiltà si misura dalla sua capacità di proteggere il più vulnerabile. E pochi esseri umani sono più indifesi del bambino non nato.

Il principe ha ricordato che la difesa della vita non si oppone allo Stato di diritto, ma lo sostiene. Come insegna Humanae Vitae, la vita umana è sacrata dalla sua origine, un dono direttamente legato all'azione creatrice di Dio. Per questo, avvertiva Paolo VI, «non è lecito, neppure per le ragioni più gravi, fare il male affinché ne derivi il bene» (HV 14).

Una confronto inevitabile: il caso di Andorra e il ruolo del Coprincipe episcopale

La decisione di Alberto II apre inevitabilmente il confronto con un altro microstato europeo la cui identità cattolica condiziona anch'essa —e frena— i tentativi di legalizzare l'aborto: Andorra. Lì, la pressione internazionale per introdurre l'aborto nella legislazione si è intensificata negli ultimi anni, ma il paese si trova di fronte a un limite istituzionale che Monaco non ha: l'esistenza di un Coprincipe che è un vescovo in esercizio, il vescovo di Urgell, che permette l'incidenza diretta con il Vaticano.

Legga anche: Il Vaticano chiede discrezione sull'aborto in Andorra per guadagnare tempo

Questa figura, prevista dalla Costituzione andorrana, converte il prelato —attualmente il vescovo assegnato alla Santa Sede— in capo di Stato, insieme al presidente della Repubblica Francese. Se l'aborto venisse legalizzato in Andorra, il Coprincipe episcopale si troverebbe in una situazione impossibile: sanzionare una legge che contraddice in modo diretto ed esplicito la dottrina cattolica sull'inviolabilità della vita umana.

Una riflessione per la Santa Sede

Sembra che sia più semplice per un paese che non dipende dalla Santa Sede decidere con chiarezza su questioni di aborto che al Vaticano stesso negarsi di fronte a una negoziazione che mette in gioco la vita di innocenti.

In una pubblicazione recente, mons. Viganò denuncia con chiarezza l'ipocrisia che si nasconde dietro i ritardi del Vaticano in questa negoziazione che sembrano protrarsi per non dare una risposta definitiva:

La «Chiesa sinodale» ascolta il «grido della Terra», mentre finge di ignorare i gemiti dei bambini sterminati. È troppo occupata a promuovere gli «obiettivi sostenibili» dell'Agenda 2030 (che include anche l'aborto, definito ipocritamente come «salute riproduttiva») per denunciare i sacrifici umani di questa società antiumana e anticristiana. Troppo occupata a lucrare sul traffico di immigrati illegali, che dovrebbe denunciare come uno strumento per l'islamizzazione di un'Europa un tempo cristiana.

Vetando la legalizzazione dell'aborto, il principe Alberto II afferma che uno Stato può —e deve— esercitare la sua missione essenziale: difendere l'essere umano più indifeso. E lo fa non come un gesto confessionale, ma come un atto elementare di vera civiltà.