Roma, orgogliosa delle sue legioni, dei suoi confini e dei suoi dèi pubblici, non immaginò mai che la minaccia più profonda sarebbe sorta non dai barbari, ma da un piccolo gruppo di uomini e donne che si rifiutavano di sacrificare un pugno d'incenso. La corrispondenza tra Plinio il Giovane e Traiano lo rivela chiaramente: lo Stato romano non comprendeva i cristiani, ma era inquietato dalla loro ostinazione. Quel rifiuto di rinunciare a Cristo —non per testardaggine politica, ma per convinzione spirituale— era qualcosa che né la giurisprudenza né la tradizione pagana potevano digerire.
Roma tollerava quasi qualsiasi culto… salvo quello che esigeva esclusività. Il cristianesimo non era solo una religione esotica: era una smentita vivente del politeismo imperiale. E ciò che inizia come sospetto giuridico presto si trasforma in accusa morale: incesto, cannibalismo, oscenità. Il vecchio ricorso di ogni potere insicuro: calunniare ciò che non può distruggere.
Sangue nelle arene: la logica di un potere spaventato
Le descrizioni di Tacito sulla persecuzione di Nerone sono sufficienti per far rabbrividire qualsiasi lettore: cristiani bruciati come torce umane per intrattenimento pubblico, coperti con pelli di animali per essere divorati da cani selvaggi. Non si trattava di punire un crimine, ma di castigare una fede che sfidava il Cesare senza imbracciare armi. Quella violenza eccessiva rivelava qualcosa di più profondo: Roma percepiva in quei credenti una libertà che non sapeva controllare.
E tuttavia, quanto più crudele era la punizione, più fermo era il testimonianza. Lontano dal nascondersi nelle catacombe —che non erano rifugi segreti, ma cimiteri perfettamente documentati—, i cristiani vivevano la loro fede alla luce del sole, con una naturalezza che disarmava i loro accusatori.
L'incomprensione dell'élite colta
Le critiche di filosofi e autorità pagane hanno un'aria familiare per il lettore contemporaneo: il cristianesimo era considerato una superstizione irrazionale, una minaccia alle “tradizioni ancestrali”, una dottrina che seduceva gente “sempliciotta”: donne, schiavi, bambini. Porfirio, con disprezzo, ridicolizzava l'idea della resurrezione come una “formidabile menzogna”.
Ma la risposta cristiana non fu l'insulto né la vendetta, bensì la carità. Tertulliano lo esprime con eleganza feroce: “Osservate come si amano”, mormoravano i pagani, perché non potevano comprendere che qualcuno fosse disposto a morire per un altro senza aspettarsi ricompensa terrena. Quella fratellanza, vissuta con radicalità, risultava più scandalosa della dottrina stessa.
Il fulgore di coloro che non retrocedono
Nel corso dei secoli II e III, il martirologio si trasforma in un catalogo di nomi che oggi veneriamo come giganti spirituali: Policarpo, Giustino, Potino, Blandina, Cipriano, Felicità. La scena descritta da Eusebio —Blandina sospesa a un palo, offerta alle fiere, ferma nella sua fede come se una forza invisibile la sostenesse— è una delle immagini più commoventi della letteratura cristiana primitiva.
La logica del martirio non è politica: non cerca di erodere il potere, ma di testimoniare la verità. I cristiani non muoiono contro Roma, ma per Cristo. Per questo la loro morte non è sconfitta: è seme. E Roma, senza capirlo, li moltiplica.
Dalle ombre al segno della vittoria
La persecuzione di Diocleziano —l'ultima e più sanguinosa— sembrava destinata a estirpare definitivamente il cristianesimo. Ironie della storia: finì per consolidarlo. L'Impero, fratturato e decadente, ricevette un colpo inaspettato quando Costantino, dopo la sua visione del “In hoc signo vinces”, legalizzò la fede e aprì le porte per la sua espansione monumentale.
Eusebio raccoglie lo stupore dei pagani, incapaci di comprendere come, all'improvviso, le chiese traboccassero di luce e di fedeli. Il Dio che pretendevano di silenziare si era aperto la strada attraverso il sangue dei suoi martiri.
In Defensores de la Fe, Charles Patrick Connor ricostruisce con precisione e sensibilità la gesta di quei primi cristiani che, con la sola forza della loro speranza, smantellarono la paura dell'Impero più potente dell'Antichità. Una lettura che ricorda quanto dobbiamo a coloro che difesero la fede prima di noi… e quanto abbiamo bisogno di guardare al loro esempio per affrontare le battaglie attuali.
