Il cosiddetto “caso dei Heraldos del Evangelio” si è trasformato, con il passare degli anni, in un esempio emblematico delle ombre lasciate dal pontificato precedente in materia di governo ecclesiale. La prolungata intervento vaticano su questa associazione internazionale —una realtà presente in 78 paesi e eretta da Giovanni Paolo II come la prima del nuovo millennio— continua senza una spiegazione convincente e senza una sola accusa provata in sede civile o canonica.
Durante la fase del papa Francesco, la vita interna della Chiesa —specialmente in America Latina— è stata intrappolata in una crescente polarizzazione tra settori progressisti e conservatori. Quella dinamica ha contaminato decisioni che avrebbero dovuto essere strettamente giuridiche e pastorali. In quel clima di sospetti, i Heraldos sono rimasti sottoposti a un amministrazione forzata iniziata nel 2019 dopo una visita apostolica aperta nel 2017. L'inquietante è che, come sottolineano le due fonti, non è mai stato spiegato ufficialmente perché è stata avviata l'indagine, né quali sono state le ragioni oggettive che hanno portato a imporre loro questo regime eccezionale.
Secondo quanto documenta Vatican Reporting, più di trenta denunce civili e canoniche presentate contro i Heraldos del Evangelio si sono risolte nella loro totalità con archiviazione o assoluzione. Questo significa che, in pratica, non esiste nessuna colpa grave dimostrata. Né abusi, né reati, né irregolarità dottrinali. Nulla che giustifichi la durezza delle misure adottate.
E tuttavia, dal 2019, i Heraldos non possono ordinare diaconi né sacerdoti, non possono aprire nuove case, non possono ricevere nuovi membri e vivono con forti restrizioni persino per sviluppare attività ordinarie. Un blocco completo che, come segnala Specola, contraddice la prassi abituale dello stesso dicastero, che storicamente ha cercato di riformare e accompagnare —non paralizzare— le istituzioni che hanno difficoltà reali.
Uno degli aspetti più sconcertanti del caso è che i Heraldos insistono sul fatto che non sono mai stati informati formalmente delle ragioni della visita apostolica né dell'intervento successivo. Questa affermazione, se vera, pone un grave problema di giustizia interna: in qualsiasi processo ecclesiale minimamente serio, il diritto di difesa esige che l'accusato conosca le accuse. Qui, nemmeno quello.
Il testo di Vatican Reporting raccoglie anche un dettaglio significativo: alcune delle accuse mediatiche più ripetute —come la presunta disubbidienza nel non ritirare minori dalle loro case religiose— crollano quando si esaminano i fatti. Sono state le stesse famiglie che, indignate per ciò che consideravano una misura ingiustificata, hanno deciso di mantenere i loro figli in un ambiente che giudicavano sano e profondamente cattolico. Altre segnalazioni, come i cosiddetti “esorcismi irregolari”, sono state chiarite dai vescovi locali come semplici preghiere di liberazione, qualcosa di abituale in contesti carismatici.
Tutta questa situazione ha portato molti a paragonare il processo dei Heraldos con il clima che ha circondato altri processi vaticani recenti, dove il peso della narrazione mediatica precedeva qualsiasi indagine seria. Specola lo esprime con un'immagine precisa: uno scenario che ricorda Il Processo di Kafka, con persone che si vedono obbligate a difendersi senza sapere esattamente di cosa sono accusate.
Oggi, la domanda che si impone è inevitabile: Leone XIV sarà in grado di affrontare questa situazione e darle una chiusura giusta?
Il caso dei Heraldos del Evangelio pone il Papa di fronte a una decisione che non può rimandare indefinitamente. Ha due strade: ripristinare la giustizia o prolungare l'usura, come è accaduto in altri episodi latinoamericani —basta ricordare il caso “Lute” in Perù, dove la lentezza, il silenzio e il peso degli anni hanno finito per imporre una sorta di condanna tacita che non è mai stata dichiarata.
La Chiesa non ha bisogno di altri processi interminabili che si consumano in silenzio. Ha bisogno di verità, luce e decisioni coraggiose. Il caso dei Heraldos del Evangelio offre a Leone XIV l'opportunità di rompere con una forma di governo basata sull'opacità e di inaugurare una fase in cui la giustizia non sia una parola retorica, ma un atto reale.
