Durante l’assemblea plenaria autunnale della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti (USCCB) a Baltimora, il cardinale Christophe Pierre, nunzio apostolico e prossimo a compiere 80 anni, ha offerto un discorso davanti ai vescovi del paese.
Nel suo intervento, il rappresentante pontificio ha chiamato i prelati a mantenere la fedeltà al cammino pastorale di Francesco e alla “visione del Concilio Vaticano II”, insistendo sul fatto che il futuro della Chiesa deve procedere lungo la via segnata da questi due riferimenti.
“Anche se alcuni tendono a un cammino che diverge dalla visione pastorale di Francesco, sappiamo che il modo di avanzare nella Chiesa è non allontanarsi da quella visione”, ha affermato Pierre.
“Il Concilio è la mappa del futuro”
Il nunzio ha sottolineato che i documenti del Concilio Vaticano II costituiscono “la mappa per il viaggio che abbiamo davanti”, e ha citato parole di Francesco: “Non è ancora tempo di un Vaticano III, perché non abbiamo ancora finito di applicare il Vaticano II.”
“La visione del Concilio fu profetica, un orientamento verso il futuro”, ha detto Pierre.
Ha chiesto ai vescovi di “resistere alla polarizzazione” e di “assumere lo stile sinodale di comunione e discernimento” come modo per rendere concreta l’unità.
Nel suo discorso, ha fatto anche riferimento al papa Leone XIV, affermando che i suoi primi gesti e scritti sono “una maturazione dell’eredità di Francesco”, e che entrambi i pontificati condividono “la fedeltà allo spirito del Concilio Vaticano II”.
Una Chiesa che non è iniziata nel 1962
Il problema, tuttavia, è più profondo.
Il discorso del nunzio —riportato da The Pillar— ripropone il Concilio Vaticano II come punto di partenza e di destinazione della Chiesa contemporanea, come se il cristianesimo fosse iniziato appena sei decenni fa.
Questa visione sembra ignorare che la Chiesa non è nata nel 1962 né con Francesco, ma con Gesù Cristo, che la fondò su Pietro più di duemila anni fa e l’ha guidata attraverso secoli di fede, magistero, santi, martiri e concili, e ancor prima di ciò Dio già preparava la via per la venuta del suo Figlio nel mondo.
La fedeltà ecclesiale non consiste nel reinterpretare indefinitamente un concilio recente né nell’entronizzare Francesco come il profeta della Chiesa sinodale ed ecologica che oggi pretendono di imporre, ma nel rimanere nella Tradizione viva che risale al Vangelo stesso:
“Io sono la Via, la Verità e la Vita” (Gv 14,6).
Il rischio di una Chiesa senza memoria
Il cardinale Pierre ha apelato a “seguire il cammino di Francesco” e a “profondizzare il Concilio”, ma senza menzionare la continuità dottrinale che deve unire ogni epoca della Chiesa con la sua radice apostolica. Questo è il pericolo della retorica conciliare senza contenuto dogmatico: una Chiesa che si guarda allo specchio, ma dimentica Cristo.
La vera rinnovazione non consiste nell’“avanzare” verso l’ignoto, ma nel tornare alla fonte, al Vangelo e alla Tradizione che i Padri e i Dottori della Chiesa trasmisero con fedeltà. Come ricordò Benedetto XVI, l’autentico sviluppo ecclesiale avviene solo nella “ermeneutica della continuità”, non nella rottura.
