Le conseguenze sono immediate e profonde. Negli ultimi giorni, grandi media hanno diffuso —senza saperlo— falsità create dall’intelligenza artificiale: immagini false del furto al Louvre, manifestazioni inesistenti, dichiarazioni false di politici e celebrità, e persino scene di disastri che non sono mai avvenuti. Tutto così verosimile, così perfettamente illuminato e naturale, che milioni di persone lo condividono convinte della sua autenticità.
Il fenomeno ha raggiunto anche il mondo religioso. Sui social circolano video del Papa che pronuncia discorsi che non sono mai esistiti: parole dolci, ingenue, cariche di sentimentalismo, che imitano con precisione la sua voce, i suoi gesti e il suo tono pastorale. Alcuni raggiungono milioni di interazioni prima che qualcuno riesca a smentirli. Il cardinale Raymond Burke, vittima di deepfakes che gli attribuivano critiche esagerate al Santo Padre, ha dovuto uscire pubblicamente per chiarire che non aveva mai pronunciato quelle parole.
Anche scene commoventi, come suore che battezano moribondi in ospedale, sono state interamente fabbricate da algoritmi. Milioni di fedeli si emozionano, discutono, opinano sul diritto di chiunque a impartire il sacramento del battesimo in caso di rischio di morte… e non si rendono conto di dibattere su un’illusione.
Stiamo entrando in un’era di post-verità radicale, in cui la prova visiva —la base su cui si è fondato il giornalismo moderno— smette di essere prova di nulla. La fiducia diventa un bene scarso: non basterà più “vedere per credere”. Sarà necessario tornare ai principi elementari del discernimento, alle fonti, al contesto, alla mediazione di istituzioni che conservano ancora credibilità.
Paradossalmente, in mezzo al collasso informativo generato dai social, i media tradizionali e i portali con criterio tornano ad avere una missione essenziale: essere filtri, non solo di informazione, ma di verità. Non come censori, ma come custodi del buon senso. La tecnologia di Sora ci confronta con una domanda teologica e morale di fondo: se non possiamo più fidarci dei sensi, dove collochiamo la verità?
