Andorra cerca di depenalizzare l'aborto con la mediazione di Parolin in Vaticano

Andorra cerca di depenalizzare l'aborto con la mediazione di Parolin in Vaticano

Il Governo di Andorra e la Santa Sede hanno tenuto questo mercoledì 22 ottobre in Vaticano una nuova riunione nell'ambito del processo di dialogo istituzionale sulla possibile depenalizzazione dell'aborto nel Principato. L'incontro ha riunito il capo del Governo, Xavier Espot, il ministro per i Rapporti Istituzionali, Ladislau Baró, e l'ambasciatore presso la Santa Sede, Carles Álvarez, con il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano.

Entrambe le parti hanno riaffermato il loro impegno condiviso per continuare a lavorare in modo costruttivo con l'obiettivo di elaborare nei prossimi mesi una proposta di testo legislativo. Secondo il comunicato ufficiale, la questione presenta una grande complessità giuridica, istituzionale e sociale, e richiede uno sviluppo tecnico accurato, cioè attento e minuzioso.

Il Governo di Andorra e la Santa Sede hanno espresso il loro desiderio di trovare una soluzione che permetta di conciliare il mantenimento della struttura istituzionale del paese e il progresso nel riconoscimento dei diritti delle donne.

Lo sfondo: un paese cattolico di fronte a una legge impossibile

La situazione in Andorra non è una semplice questione amministrativa. Il coprincipe episcopale, il Vescovo di Urgell, esercita funzioni costituzionali che lo obbligherebbero a sancire qualsiasi legge approvata dal Consiglio Generale, inclusa una che depenalizzi l'aborto. Questa paradosso trasforma il dibattito in un dilemma morale: o si preserva il quadro costituzionale, o si sacrifica il principio della difesa della vita che lo stesso Vaticano considera non negoziabile.

E lì sta il nodo: Roma partecipa al dialogo, ma senza dire chiaramente che l'aborto non ammette compatibilità. Si parla di equilibrio, di strutture istituzionali, di complessità sociale, come se il diritto alla vita dipendesse dal design costituzionale di un microstato.

Quando il linguaggio sostituisce la dottrina

Durante la sua visita del 2023, il cardinale Parolin aveva già qualificato il tema come molto delicato e molto complesso, insistendo nell'affrontarlo con discrezione e saggezza. Espressioni eleganti, senza dubbio, ma che nella pratica suonano come evasione teologica con diplomazia di velluto. Perché quando una questione implica la legalizzazione dell'aborto, ciò che ci si aspetta dal primo collaboratore del Papa non è discrezione, ma definizione.

La Santa Sede, fedele al suo stile recente, si rifugia nel dialogo, come se il dialogo in sé fosse una virtù teologale. Ma il dialogo senza verità finisce per essere l'arte di parlare molto per non dire nulla. E in questo caso, il rischio non è semantico, ma morale: che la difesa della vita si dissolva in comunicati attentamente redatti affinché nessuno si offenda.

La paradosso della compatibilità

Il comunicato andorrano conclude parlando di una soluzione compatibile tra la struttura dello Stato e il riconoscimento dei diritti delle donne. In altre parole: una legge che permetta l'aborto senza che il vescovo sembri approvarlo. Una quadratura del cerchio giuridico che forse soddisferà i diplomatici, ma mette in evidenza una contraddizione fondamentale: non può esserci compatibilità tra il diritto di uccidere e il diritto di vivere.

L'aborto non diventa accettabile perché regolato con complessità tecnica né perché il Vaticano lo accompagni con prudenza verbale. E mentre si cercano formule compatibili, l'incoerenza cresce: un paese ufficialmente cattolico tenta di legalizzare l'aborto con la mediazione silenziosa di coloro che dovrebbero ricordarglielo, con carità ma con fermezza, che la vita non si negozia.