Dilexi te, la pastorale delle élite e il rischio di dissoluzione

Dilexi te, la pastorale delle élite e il rischio di dissoluzione

Dilexi Te, pubblicata da Leone XIV, tratta dei poveri, come già sapete. Ha 121 punti, ma tra il 112 e il 114 c’è un riferimento a gruppi e movimenti che non possiamo fare a meno di glossare.

112. A volte si percepisce in alcuni movimenti o gruppi cristiani la carenza o addirittura l’assenza di impegno per il bene comune della società e, in particolare, per la difesa e la promozione dei più deboli e svantaggiati. A questo proposito, è necessario ricordare che la religione, specialmente quella cristiana, non può limitarsi alla sfera privata, come se i fedeli non dovessero preoccuparsi anche dei problemi relativi alla società civile e degli eventi che riguardano i cittadini. [125]

113. In realtà, «qualsiasi comunità della Chiesa, nella misura in cui pretende di sussistere tranquilla senza occuparsi in modo creativo e cooperare con efficacia affinché i poveri vivano con dignità e per includere tutti, anche corre il rischio di dissoluzione, sebbene parli di temi sociali o critichi i governi. Facilmente finirà immersa nella mondanità spirituale, dissimulata con pratiche religiose, con riunioni infeconde o con discorsi vuoti». [126]

114. Non stiamo parlando solo dell’assistenza e dell’impegno necessario per la giustizia. I credenti devono rendersi conto di un’altra forma di incoerenza riguardo ai poveri. In verità, «la peggiore discriminazione che subiscono i poveri è la mancanza di attenzione spirituale […]. L’opzione preferenziale per i poveri deve tradursi principalmente in un’attenzione religiosa privilegiata e prioritaria». [127] Tuttavia, questa attenzione spirituale verso i poveri è messa in discussione da certi pregiudizi, anche da parte di cristiani, perché ci sentiamo più a nostro agio senza i poveri. Ci sono coloro che continuano a dire: “Il nostro compito è pregare e insegnare la vera dottrina”. Ma, disgiungendo questo aspetto religioso dalla promozione integrale, aggiungono che solo il governo dovrebbe occuparsene, o che sarebbe meglio lasciarli nella miseria, affinché imparino a lavorare. A volte, tuttavia, si assumono criteri pseudoscientifici per dire che la libertà di mercato porterà spontaneamente la soluzione al problema della povertà. O addirittura, si opta per una pastorale delle cosiddette élite, sostenendo che, invece di perdere tempo con i poveri, è meglio occuparsi dei ricchi, dei potenti e dei professionisti, affinché, attraverso di loro, si possano raggiungere soluzioni più efficaci. È facile percepire la mondanità che si nasconde dietro queste opinioni; queste ci portano a osservare la realtà con criteri superficiali e privi di qualsiasi luce soprannaturale, preferendo circoli sociali che ci tranquillizzano o cercando privilegi che ci accomodano.

A quale gruppo o movimento ecclesiale fa riferimento il Papa quando parla di quelli che si concentrano sull’apostolato delle élite? Cosa insinua quando parla di quelli che corrono il rischio di dissoluzione?

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