Denunciano che l’istruzione ecclesiastica sugli abusi del padre Eleuterio Vásquez non ha mai praticato le diligenti più basilari. Rivendicano al Dicasterio per la Dottrina della Fede un’indagine reale che ripari anni di silenzio e negligenza.
Tre vittime del sacerdote Eleuterio Vásquez González, noto a Chiclayo come il padre Lute, hanno elevato nella petizione al Dicasterio per la Dottrina della Fede non solo l’accesso alla documentazione che gli è stata nascosta per tre anni, ma anche che si realizzino le diligenti di indagine più elementari che la Chiesa non ha mai praticato.

Il documento, firmato da Ana María Quispe Díaz e da altre due vittime, insieme all’avvocato Javier Tebas Llanas, è stato inviato all’arcivescovo Charles J. Scicluna, segretario aggiunto del Dicasterio, con copia al vescovo di Chiclayo, mons. Edinson Farfán Córdova, e all’istruttore delegato Rvdmo. P. Giampiero Gambaro.
Un errore che deve essere sanato, non insabbiato
Le denuncianti ricordano che parte degli abusi più gravi denunciati sono avvenuti nella cappella di Cueva Blanca, dove diverse minori sono state trasferite dal sacerdote con il pretesto di attività «missionarie» che non lo erano. Una volta nel villaggio, lontano sei ore dalle abitazioni delle minori, Lute pernottava da solo con le bambine in una piccola stanza dove le ha abusate. C’erano altri adulti coinvolti e molteplici testimoni del comportamento di questo sacerdote diocesano. Nonostante la gravità dei fatti, l’indagine ecclesiastica ha omesso le prove più evidenti e non ha mai ricostruito i fatti né ha cercato o ascoltato i testimoni oculari.
“Non si tratta di nuove pretese, ma di diligenti che avrebbero dovuto essere praticate dal primo giorno”, affermano fonti vicine alle vittime. “L’errore non sta nel chiedere di più, ma nell’aver fatto meno del minimo”.
La lettera inviata al Vaticano dettagli le diligenti che avrebbero dovuto essere realizzate e che ora vengono rivendicate con urgenza:
- La elaborazione di un elenco completo di persone legate alla gestione e alle attività pastorali della cappella di Cueva Blanca, inclusi sacerdoti, catechisti, personale logistico, autisti e fedeli laici.
- L’identificazione e la dichiarazione dell’adulto che ha pernottato nel veicolo durante gli abusi subiti dalla prima vittima, descritto come un uomo di età avanzata, attivo nella parrocchia di La Victoria e collaboratore stretto dell’accusato.
- La localizzazione del catechista presente durante gli abusi alla seconda vittima che avrebbe anche pernottato nel veicolo, descritto come “moreno, magro e di statura inferiore a Eleuterio”, che aiutava alla Messa e partecipava assiduamente alle attività in tutti i villaggi della zona.
- L’interrogatorio di testimoni e fedeli del villaggio di Cueva Blanca che possano fornire informazioni sul comportamento abituale del sacerdote.
Queste azioni, spiegano, sono “cruciali per chiarire i fatti e rompere il silenzio che per anni ha protetto l’impunità«. Considerano inspiegabile che, dopo più di tre anni di procedimento, nessuna di queste prove basilari sia stata nemmeno tentata.
L’obbligo morale di cercare la verità
Il documento pone anche l’attenzione sulla mancanza di trasparenza istituzionale e sulla necessità di correggere gli errori commessi dalle autorità ecclesiastiche che hanno istruito il caso sotto la direzione di mons. Robert Prevost, oggi Leone XIV. “Non si può parlare di giustizia se si archiviano cause senza indagare”, sottolineano le vittime.
Per loro, l’omissione di prove essenziali non può essere giustificata come una distrazione amministrativa né risolta con comunicati formali. “La Chiesa ha l’obbligo morale di fare ciò che non ha fatto quando doveva: cercare la verità, anche se disturba”.
Dubbi sulla capacità processuale di un implicato
Inoltre, le vittime richiedono che venga incorporata nel fascicolo la documentazione clinica del sacerdote Ricardo Yesquén per chiarire se era realmente in condizioni di esercitare il suo diritto di difesa nel 2020 e se attualmente mantiene quella capacità. Chiedono espressamente:
- Un referto medico del 2020 che attesti la sua eventuale incapacità (se esistente).
- Un referto medico aggiornato che determini la sua situazione attuale.
Questa documentazione, sostengono, è necessaria “per evitare che si manipolino le garanzie processuali e di fronte al sospetto che si invochi incapacità inesistenti come scusa per bloccare la verità. Si è verificato che il sacerdote Yesquén, che non è stato indagato nel 2020 né nel 2022, ha esercitato pubblicamente il ministero sacerdotale almeno fino al 2023, nonostante alle vittime venisse riferito che non veniva indagato a causa di una presunta incapacità medica.
Le firmatarie concludono la loro lettera con un appello diretto a Roma: “Consapevoli della gravità dei fatti denunciati e della necessità che la Chiesa agisca con verità, giustizia e carità verso coloro che hanno sofferto questi abusi, chiediamo che la nostra petizione sia accolta con la massima diligenza possibile”.

