Santi giovani ricchi per il nostro tempo

Santi giovani ricchi per il nostro tempo

Di P. Raymond J. de Souza

Quanto sarà difficile per i ricchi entrare nel Regno di Dio!

È vero? Gesù lo disse (Mc 10,23) ai suoi Apostoli dopo l’incontro con il giovane ricco, quindi deve essere vero. Nei paesi benestanti, dove tutti, persino i poveri, sono ricchi in termini storici relativi, i cristiani tendono a pensare che Gesù non lo dicesse sul serio. O che in realtà non fosse vero, e che Gesù stesse impiegando l’iperbole (“tagliala”, “strappatelo”) che caratterizzava la predicazione biblica.

Se fosse vero, e Gesù lo dicesse sul serio, ne seguirebbe che vasti numeri di fedeli materialmente prosperi non sarebbero contati in quel gruppo, quando i santi marceranno verso il cielo.

Due di quel gruppo, le cui reliquie hanno sfilato per la Piazza di San Pietro alcune settimane fa, erano ricchi. Deve aver sorpreso Papa Leone XIV che sia san Pier Giorgio Frassati che san Carlo Acutis provenissero da famiglie ricche, poiché nella sua omelia ha presentato anche altri giovani ricchi della storia. Ha iniziato con forse l’uomo più ricco della storia di Israele, il re Salomone:

Fu proprio questa grande abbondanza di risorse a porre una domanda nel suo cuore: “Cosa devo fare affinché nulla vada perduto?”… Salomone comprese che l’unico modo per trovare una risposta era chiedere a Dio un dono ancora maggiore, quello della sua sapienza, per conoscere i piani di Dio e seguirli fedelmente… Sì, perché il maggiore rischio nella vita è sperperarla al di fuori del piano di Dio.

Questo riassume l’incontro con il giovane ricco, che “se ne andò triste, perché aveva molti beni” (Mc 10,22). Sembrava sapere già che avrebbe “sperperato” la sua vita, rifiutando la chiamata specifica di Dio.

“Molti giovani, nel corso dei secoli, hanno dovuto affrontare questa encrucijada nelle loro vite”, continuò Leone. “Pensino a san Francesco d’Assisi, che come Salomone era anch’egli giovane e ricco, assetato di gloria e fama. Ma Gesù gli apparve sulla strada… Da lì, cambiò la sua vita e iniziò a scrivere una storia diversa: la meravigliosa storia di santità che tutti conosciamo, spogliandosi di tutto per seguire il Signore (cf. Lc 14,33), vivendo nella povertà.”

Leone incluse il suo stesso patrono, sant’Agostino, tra quei “molti santi simili che si consegnarono completamente a Dio, senza trattenere nulla per sé”.

È necessario rinunciare alle ricchezze mondane per essere santi? Salomone non lo fece e si corruppe, sebbene poi si pentì. Francesco e Agostino si allontanarono dalle ricchezze del mondo, il primo in modo così radicale che papa Innocenzo III dubitò all’inizio se fosse possibile vivere la nuova regola proposta da il Poverello.

D’altra parte, c’è Abramo —con posto d’onore nel Canone Romano come nostro “padre nella fede”— che fu molto ricco, al pari di suo nipote Giacobbe, padre delle dodici tribù.

Pier Giorgio apparteneva a una delle famiglie più prominenti di Torino. Suo padre, Alfredo, irreligioso come sua madre, fu senatore e ambasciatore, oltre a fondatore e direttore del influente giornale La Stampa. Frassati non rinunciò alla sua ricchezza, ma la condivise così generosamente, come ricordò Leone nella sua omelia, “che vedendolo camminare per le strade di Torino con carri pieni di provviste per i poveri, i suoi amici lo soprannominarono Frassati Impresa Trasporti (Compagnia di Trasporti Frassati)”.

Una profonda vita sacramentale e di preghiera accompagnava le opere di misericordia corporali di Pier Giorgio. Era un grande amico, persino un bon vivant in modo del tutto sano.

Carlo Acutis dipese dalla ricchezza della sua famiglia per diventare cattolico praticante. Se la famiglia di Carlo non fosse stata ricca, forse non sarebbe mai diventato discepolo, e tanto meno canonizzato. Prima che Carlo nascesse nel 1991, sua madre aveva assistito alla Messa solo tre volte: per la sua Prima Comunione, Cresima e matrimonio. I suoi genitori evidentemente fallirono —e probabilmente non pensarono mai di adempiere— le promesse fatte nel battesimo di Carlo, ovvero che si sarebbero sforzati di educarlo nella fede.

Tuttavia, la famiglia Acutis era abbastanza ricca da impiegare domestici nella loro casa di Milano. E fu una di loro, una bambinaia polacca, Beata Sperczyńska, a introdurre Carlo in Dio, a insegnargli le sue preghiere e a rispondere alle sue prime domande sulla pratica cattolica.

Né Pier Giorgio né Carlo rinunciarono alla ricchezza, ma riuscirono a seguire Dio utilizzando le risorse delle loro famiglie. Rimane difficile, ma non impossibile, come conclude Gesù la sua conversazione sulla salvezza con gli apostoli riguardo al giovane ricco: “Per gli uomini è impossibile, ma non per Dio; perché tutto è possibile per Dio” (Mc 10,27).

San Giovanni Paolo II amava meditare sul giovane ricco, così dedicato com’era alla pastorale dei giovani fin dall’inizio del suo sacerdozio. Una delle sue encicliche più importanti, Veritatis splendor, inizia con una lunga riflessione sull’incontro di Gesù con il giovane ricco.

Un altro documento, meno importante ma più affascinante, prende anch’esso il giovane ricco come punto di partenza. Quaranta anni fa, per commemorare l’Anno Internazionale della Gioventù delle Nazioni Unite, e all’inizio delle iniziative che sarebbero diventate la Giornata Mondiale della Gioventù, Giovanni Paolo indirizzò una Lettera Apostolica ai giovani, intitolata semplicemente “Cari amici” (Dilecti Amici).

Il Santo Padre propose un’idea notevole e attraente. Tutti i giovani sono ricchi —persino gli impoveriti della Polonia comunista— perché essere giovani significa godere di ricchezze in un certo senso. Il giovane ricco aveva abbondanti “beni materiali”, il che “è la situazione di alcuni, ma non è la tipica.”

“Pertanto [suggerisce il passo biblico] un altro modo di porlo: si tratta del fatto che la giovinezza è in sé (indipendentemente dai beni materiali) un tesoro speciale dell’uomo, di un giovane o una giovane, e la maggior parte delle volte è vissuta dai giovani come un tesoro specifico.” Essere giovani è essere ricchi!

“Il periodo della giovinezza è il tempo di una scoperta particolarmente intensa del ‘io’ umano e delle proprietà e capacità che gli sono legate”, osserva Giovanni Paolo. “Questo è il tesoro da scoprire e, al tempo stesso, da organizzare, scegliere, prevedere e prendere le prime decisioni personali, decisioni che saranno importanti per il futuro.”

Il resto della lettera affronta la questione se il tesoro della giovinezza “allontani necessariamente l’uomo da Cristo”. Molti rispondono di sì, che i giovani semplicemente non sono interessati a questioni a lungo termine, tanto meno esistenziali o eterne. La religione è per un’altra fase della vita. Giovanni Paolo sostiene il contrario: che gli ideali della giovinezza, la ricerca di senso, sono precisamente domande giovanili che spingono a cercare Cristo. San Pier Giorgio e san Carlo fecero proprio quello: santi giovani ricchi per un’epoca benestante.

Sull’autore

Il P. Raymond J. de Souza è sacerdote canadese, commentatore cattolico e Senior Fellow presso Cardus.

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