
Un testimone scomodo
Il giornalista statunitense Theo Padnos, rapito nel 2012, racconta in Rolling Stone la sua prigionia nell’infame “ospedale degli occhi” di Aleppo, trasformato in quartier generale e centro di tortura sotto il controllo di al-Shara. Lì, secondo la sua testimonianza:
“I comandanti appendevano i prigionieri alle tubature del soffitto, collegavano cavi della batteria alle membra, li costringevano a confessare di odiare l’islam e di lavorare per la CIA. (…) ‘Hai mentito ogni momento della tua vita’, gridavano loro prima di colpirli. L’urlo era disumano, e alla fine concludevano sempre con un avvertimento: ‘Preparati, perché questo è solo l’inizio’”
(Rolling Stone, 28/09/2025).
Padnos ricorda che il suo carceriere era Ahmed al-Shara, oggi presidente, che descrive come il “più freddo e calcolatore dei comandanti” del luogo.
Il lavaggio di immagine internazionale
Nonostante questo passato, la comunità internazionale ha spalancato le porte ad al-Shara. Il terrorista (ora in abito elegante) è stato ricevuto all’ONU “con onori da capo di Stato”, ha incontrato Trump e alti funzionari occidentali, e persino è stato visto sfoggiare un orologio Patek Philippe da 50.000 dollari.
Il contrasto tra lo “statista moderno” e il carceriere che ordinava esecuzioni è insopportabile.
Israele e Occidente, complici
L’ascesa di al-Shara non si spiega senza la connivenza internazionale. Mentre Israele ha fornito supporto militare indiretto durante l’offensiva che ha portato all’espulsione di Bashar al-Assad lo scorso dicembre, l’armamento europeo abbondava tra i jihadisti. L’Occidente si è affrettato a revocare le sanzioni e a far sedere il discepolo di Ben Laden al tavolo delle negoziazioni.
Nel frattempo, la realtà in Siria rimane sanguinosa. Un’inchiesta di Reuters (30/06/2025) ha rivelato che a marzo 1.500 alauiti sono stati massacrati sulla costa mediterranea sotto la catena di comando del nuovo governo. A luglio, l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani ha denunciato l’esecuzione di più di 1.100 drusi a Sweida.
In mezzo a questo scenario di violenza e manipolazione politica, le comunità cristiane in Siria continuano a soffrire. Il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente (MECC) ha denunciato con fermezza l’attentato contro la chiesa di San Elia, vicino a Damasco, che ha causato morti e feriti tra i fedeli. I responsabili ecclesiali hanno chiesto alle nuove autorità siriane di “agire in modo decisivo” per identificare e punire i colpevoli, al tempo stesso reclamando garanzie reali di sicurezza.
L’arcivescovo di Homs, Jacques Mourad ha descritto con crudezza la situazione del paese: “il popolo vive senza dignità né fiducia”. Anche se non sempre si può parlare di persecuzione organizzata contro i cristiani, spiega, la sensazione generale è di insicurezza e abbandono, e molte famiglie cercano di emigrare per sopravvivere. Le sue parole mettono in evidenza la contraddizione tra l’immagine di stabilità che il regime di al-Shara vuole proiettare in Occidente e la realtà che patiscono le comunità locali, intrappolate tra la miseria economica, le minacce dei gruppi estremisti e l’indifferenza di coloro che, dall’esterno, legittimano il nuovo potere.
Un racconto capovolto
Lo stesso Padnos, dopo due anni in celle e scantinati, conclude:
“I miei carcerieri preferivano le loro finzioni al mondo reale. In quelle sale alla luce delle candele tutto sembrava possibile: il sangue era reale, il dolore era reale, e per loro era giustizia divina”
(Rolling Stone, 28/09/2025).
Quello è l’uomo che oggi si presenta a New York come garante di pace e modernità, mentre la stampa internazionale evita di ricordare il suo passato.
Chi dirige la campagna?
La questione più grave non è solo il passato di al-Shara, ma l’operazione coordinata di riciclaggio che lo accompagna. Il sostegno israeliano, i sorrisi dei leader occidentali e la copertura mediatica acritica configurano un’operazione di relazioni pubbliche senza precedenti.
Scoprire quali interessi e quali agenzie di comunicazione stanno dietro questa campagna sarebbe essenziale per comprendere come un capo jihadista sia stato trasformato in presidente legittimo agli occhi del mondo.
