L’arcivescovo di Montreal, Christian Lépine, ha condannato la proposta del governo del Quebec di proibire la preghiera in luoghi pubblici, avvertendo che equivarrebbe a un attentato contro la libertà più basilare dell’essere umano. In una lettera pubblicata il 2 settembre sul sito web dell’arcidiocesi, ripresa da LifeSiteNews, il prelato ha affermato: “La preghiera, nella sua forma più semplice, è un impulso interiore. È un pensiero rivolto a Dio che è bontà, una presenza nel mondo, un modo di cercare la pace”.
L’arcivescovo ha denunciato che le iniziative politiche che mirano a restringere la preghiera pubblica “sollevano serie preoccupazioni sul rispetto delle libertà fondamentali in una società democratica”.
Il piano del governo del Quebec
Il governo provinciale ha annunciato ad agosto che intende proibire la preghiera in spazi pubblici, dopo che gruppi musulmani hanno tenuto preghiere in strade e parchi. Sebbene i dettagli della legislazione non siano ancora stati pubblicati, le autorità hanno già anticipato di essere disposte a ricorrere alla clausola di non applicazione per blindare la misura contro possibili ricorsi giudiziari.
Di fronte a questa proposta, l’arcivescovo Lépine ha messo in discussione la logica della norma: “Come possiamo distinguere una preghiera da un momento di silenzio o contemplazione? Come legiferare su un’intenzione, un mormorio, un pensiero interiore? E soprattutto, chi deciderebbe cosa è preghiera e cosa non lo è?”.
Un colpo alla tradizione cattolica del Quebec
Lépine ha avvertito inoltre che il divieto metterebbe a rischio le processioni cattoliche storiche che fanno parte dell’identità culturale del Quebec da secoli. Tra queste ha citato la Marcia del Perdono, il Corpus Christi, la Via Crucis, la processione della Domenica delle Palme e la Marcia della Pace.
“Questi atti, che si svolgono in modo ordinato e dignitoso, sono luoghi di incontro e dialogo. Proibire la preghiera pubblica metterebbe in pericolo la loro stessa esistenza”, ha spiegato.
La neutralità non è neutralizzazione
L’arcivescovo ha ricordato che uno Stato laico deve difendere i valori e le credenze dei suoi cittadini, e che la neutralità non può essere confusa con l’eliminazione pubblica della fede: “Confondere la neutralità dello Stato con la neutralizzazione della società porterebbe a una grave regressione”.
In un contesto segnato da crisi sociali, economiche e ambientali, Lépine ha concluso con un avvertimento contundente: “Ci conviene scoraggiare le azioni che promuovono la speranza e la solidarietà? In ultima analisi, proibire la preghiera pubblica non è un po’ come proibire il pensiero?”.
