Francisco: ‘Iré a Colombia como peregrino de esperanza y de paz’

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El Papa Francisco envía un mensaje al pueblo de Colombia con motivo de su próxima visita al país: «Que esta visita sea como un abrazo fraterno para cada uno de ustedes y en el que sintamos el consuelo y la ternura del Señor.»

(Radio Vaticano). “Como peregrino de esperanza y de paz” parte el Santo Padre rumbo a Colombia el próximo miércoles 6 de septiembre. Así lo ha comunicado en el videomensaje que se ha hecho público el 4 de septiembre, a dos días de su visita apostólica al pueblo colombiano.

Un mensaje en el que el Papa aprovecha para volver a recordar el lema de este viaje: “Demos el primer paso”. Y es que para Francisco dar el primer paso es “ser los primeros para amar, para crear puentes, para crear fraternidad” tal y cómo asegura en su Videomensaje, pero también dar el primer paso anima “a salir al encuentro del otro y a extender la mano, y darnos el signo de paz”.

El Papa también comenta en el vídeo que se siente “honrado” de visitar esa tierra rica de historia; rica también de “hombres y mujeres que han trabajo con tesón y constancia para que sea un lugar donde reine la armonía y la fraternidad” y agradece, tanto al presidente de la República, como a los obispos de la Conferencia episcopal y en especial, al Pueblo colombiano, por la invitación a visitar Colombia.

Palabras del Papa Francisco en su mensaje al pueblo colombiano:

«Querido pueblo de Colombia, dentro de pocos días visitaré vuestro país. Iré como peregrino de esperanza y de paz, para celebrar con ustedes la fe en nuestro Señor y también para aprender de vuestra caridad y vuestra constancia en busca de la paz y la armonía.

Los saludo cordialmente y doy las gracias, al señor presidente de la República y a los obispos de la Conferencia episcopal, por la invitación a visitar Colombia. También agradezco a cada uno de ustedes, que me acogen en su tierra y en su corazón. Sé que han trabajado -y han trabajado mucho- para preparar este encuentro. Mi agradecimiento a todos lo que han colaborado y siguen haciéndolo para que sea una realidad.

“Demos el primer paso” es el lema de este viaje. Nos recuerda que siempre se necesita dar un primer paso para cualquier actividad y proyecto. También nos empuja a ser los primeros para amar, para crear puentes, para crear fraternidad. Dar el primer paso nos anima a salir al encuentro del otro y a extender la mano, y darnos el signo de paz. La paz es la que Colombia busca desde hace mucho tiempo y trabaja para conseguirla. Una paz estable, duradera, para vernos y tratarnos como hermanos, nunca como enemigos. La paz nos recuerda que todos somos hijos de un mismo Padre que nos ama y nos consuela. Me siento honrado de visitar esa tierra rica de historia, de cultura, de fe, de hombres y mujeres que han trabajo con tesón y constancia para que sea un lugar donde reine la armonía y la fraternidad, donde el Evangelio sea conocido y amado, donde decir hermano y hermana no resulte algo extraño sino un verdadero tesoro a proteger y defender. El mundo de hoy tiene necesidad de consultores de paz y de diálogo. También la Iglesia está llamada a esta tarea, a promover la reconciliación con el Señor y con los hermanos,  y también la reconciliación con el medioambiente que es creación de Dios y que estamos explotando de una manera salvaje.

Que esta visita sea como un abrazo fraterno para cada uno de ustedes y en el que sintamos el consuelo y la ternura del Señor.

Queridos hermanos y hermanas colombianos, deseo vivir estos días con ustedes con ánimo gozoso, con gratitud al Señor. Los abrazo con afecto y pido al Señor que los bendiga, que proteja vuestro país y les conceda la paz. Y a nuestra Madre, la Virgen Santa, que los cuide. Y por favor, no se olviden de rezar por mí. Gracias y hasta pronto.»

(Mireia Bonilla para RV)

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Comentarios
2 comentarios en “Francisco: ‘Iré a Colombia como peregrino de esperanza y de paz’
  1. ¿ Le acompañará la mafia de san Gallen ? Otro libro que nos cuenta que, en la elección de Francisco, no le dejaron mucho margen al Espíritu Santo.

    GRAN BRETAGNA. UN LIBRO RIVELA L’AZIONE DI LOBBYING PER ELEGGERE BERGOGLIO AL SOGLIO DI PIETRO.

    MARCO TOSATTI

    Un libro che sta per uscire in Gran Bretagna offre nuovi elementi per capire come, e portati da chi, Jorge Mario Bergoglio è diventato papa. Il libro è scritto da Catherine Pepinster, che è stata direttrice del giornale cattolico inglese The Tablet, e si intitola: “The Keys and the Kingdom” (Le chiavi e il regno). In esso si afferma che il cardinale Cormac Murphy-O’Connor, ex arcivescovo di Westminster, scomparso nei giorni scorsi, organizzò a Roma, nei locali dell’Ambasciata britannica, almeno un incontro per convincere i cardinali votanti del Commonwealth a votare l’arcivescovo di Buenos Aires. Escluse però volontariamente dall’invito sia il card. Marc Ouellet, canadese, prefetto della Congregazione per i vescovi, sia il card. George Pell, australiano. Probabilmente temeva che avrebbero sconsigliato la sua azione di lobbying.

    Murphy O’Connor non era più, per questioni di età, ammesso a votare in Conclave; ma era a Roma per partecipare alle Congregazioni, le riunioni di cardinali che precedono il Conclave e che sono aperte anche agli ultraottantenni.

    Secondo Catholic Culture, che riporta la notizia data dal Telegraph, si tratterebbe di una chiara violazione delle norme che proibiscono ogni forma di lobbying prima di un Conclave.

    È la seconda volta che questo sospetto, o accusa, viene alla luce. La prima volta è stata qualche anno fa, quando Austin Ivereigh, già portavoce di Murphy O’Connor, grande fan del Pontefice regnante, nel suo libro “The Great Reformer” (Tempo di misericordia, in italiano) scrisse che i cardinali che nel 2005 avevano spinto Bergoglio a correre, per essere sconfitto da Ratzinger, “Avevano imparato la lezione del 2005 e stavolta erano ben organizzati. Prima di tutto si assicurarono il consenso di Bergoglio. Quando gli domandarono se fosse disponibile rispose che riteneva che in un simile momento di crisi per la Chiesa nessun cardinale, ove glielo si fosse chiesto, potesse rifiutare. Murphy O’Connor lo avvertì a bella posta di ‘stare attento’ che stavolta era il suo turno, e l’altro rispose in italiano: ‘Capisco’”.

    Quello che ha scritto pone un problema; va contro le regole del Conclave, stabilite dalla Universi Dominici Gregis, al N. 81: “I Cardinali elettori si astengano, inoltre, da ogni forma di patteggiamenti, accordi, promesse od altri impegni di qualsiasi genere, che li possano costringere a dare o a negare il voto ad uno o ad alcuni. Se ciò in realtà fosse fatto, sia pure sotto giuramento, decreto che tale impegno sia nullo e invalido e che nessuno sia tenuto ad osservarlo; e fin d’ora commino la scomunica latae sententiae ai trasgressori di tale divieto. Non intendo, tuttavia, proibire che durante la Sede Vacante ci possano essere scambi di idee circa l’elezione”.

    Per vedere come questo pasticcio fu risolto, sia pure in maniera non estremamente limpida, potete leggere qui e qui e anche qui .

    Austen Ivereigh sembrava implicitamente confermare che il “Team Bergoglio” è esistito e ha lavorato.

    Lasciando da parte per il momento il problema della violazione; comunque la rivelazione della Pepinster arricchisce quello che è il quadro. E spiega un episodio accaduto nei primi mesi del Pontificato. Quando Gerhard Müller, allora prefetto della Congregazione per la Fede, fu chiamato urgentemente al telefono una mattina dal Pontefice. Murphy O’Connor aveva avuto problemi con almeno un caso di abusi sessuali commessi da uno sacerdote quando era vescovo, prima di giungere a Londra. Una donna, parente di una delle vittime, aveva chiesto che la Congregazione per la Dottrina della Fede indagasse su come aveva esercitato la responsabilità di sorveglianza e prevenzione dovute come vescovo. La Congregazione aveva aperto una pratica. Il Pontefice ingiunse a Müller di chiuderla rapidamente. Müller raccontò l’episodio; ne era rimasto molto colpito, anche perché la telefonata era arrivata mentre stava celebrando una messa per un gruppo di ospiti tedeschi, e il Pontefice aveva insistito per parlargli, a dispetto della situazione.

    Il quadro dell’elezione di Bergoglio assume quindi sempre di più la forma di un qualche cosa preparato da molto tempo.

    Vi ricordate il gruppo di Sankt Gallen, quello che Danneels chiamava la “mafia di Sankt Gallen”? Ne facevano parte Martini, Danneels, Murphy O’Connor, Silvestrini e altri ancora. Quando – prima del 2005 – ne faceva parte Martini, e durante una riunione si fece il nome di Bergoglio, il cardinale di Milano disse: non parliamo di nomi, parliamo di programma. Nel 2005 fu eletto Ratzinger. Ma il gruppo, anche se non si riunì più nella cittadina svizzera, continuò a operare, tanto che dopo l’elezione di Bergoglio il cardinale Silvestrini poteva confidare ai suoi fedeli che il programma del pontificato era stato un prodotto di quel “think tank”. (E come vediamo si cerca di attuarlo: eucarestia ai divorziati risposati, contraccezione sotto studio, a dicembre i “viri probati”, diaconato femminile…).

    Al gruppo di lobbying e pressione anglo-belga-tedesco si è unita poi l’America Latina, e soprattutto il card. Hummes. Lì nacque l’idea di “inventare” la possibile candidatura del card. Scherer, come schermo per il cavallo reale, Bergoglio. Che trovò poi il sorprendente appoggio del card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato (ahimé) di Benedetto XVI. Gli amici di Bertone cercavano di rastrellare voti per l’arcivescovo di Buenos Aires, sostenendo che poi sarebbe stato facile da controllare. E, in effetti, gli uomini dell’ex segretario di Stato sono stati mantenuti o promossi.

    Credibile quindi questa nuova rivelazione sul pre-Conclave. Che conferma la lunga marcia dell’arcivescovo di Buenos Aires verso il soglio di Pietro. Frutto, a quanto pare, più di una strategia di lungo corso che di una ventata improvvisa dello Spirito.

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